martedì 24 ottobre 2023

Ci saluta il più vecchio Dogface Soldiers della 3ID



Abbiamo appreso questa sera che il piu vecchio "Dogface Soldiers" della Terza Divisione di Fanteria US Army; Silver Star e destinatario della Marne Hall of Fame, ci ha lasciati salendo in cielo tra gli eroi di questa grande famiglia. Ha chiuso gli occhi e tranquillamente, nel sonno, la scorsa notte a Denver, CO. Harold ha spento quella luce e quella grinta che contagiava tutti. Mancava poco al suo 109esimo compleanno. Tutta l'associazione Italiana lo ricorda con tutti gli onori.

Hi Harold, thank you for your service

Rock of the Marne!






Lettera inviata al Presidente della 3ID per l'ultimo saluto a Harold

Noi qui in Italia non abbiamo mai avuto il piacere di conoscerti ma abbiamo letto di te, visto il tuo volto, sentito la tua energia che trasmettevi.

Ma un giorno di ottanta anni fa, tu eri qui, eri in Italia.

Avevi preso una nave con il tuo sacco verde oliva ed avevi guardato il sole nascere sull'oceano sapendo che dietro a quell'alba c'era un continente in pericolo, l'Europa, e tanti uomini donne e bambini a cui era stato tolto il sogno della libertà.

Hai trascorso alcuni anni nel pericolo costante e sei tornato a casa avendo compiuto la tua missione.

Noi che siamo i nipoti di quelle persone in pericolo, nati dai figli avuti dopo la guerra, siamo e saremo sempre in debito di riconoscenza nei tuoi confronti.

E' stato così grande il tuo gesto e quello di tanti eroi come Te che per salutarti abbiamo pensato di regalarti le parole di un grande scrittore, Shakespeare.

Lo scrittore ci racconta che la dimensione eroica è un tratto caratterizzante dell’uomo. Di cosa l’uomo ha davvero bisogno? Di avvertire la pancia piena o piuttosto di sentirsi dentro una dimensione più grande, che è quella di offrirsi totalmente per una causa? Enrico V lo dice chiaramente: coloro i quali sono rimasti nel proprio letto e nelle proprie comodità senza rischiare la vita non sono dei privilegiati. I privilegiati sono loro che hanno la possibilità di scolpire i loro nomi nella perennità della memoria. Coloro i quali oggi si sentono dei privilegiati, o si crede che lo siano, un giorno rimpiangeranno di non essere lì tra loro. Di non essere lì al freddo, di non essere lì a rischiare la vita, di non essere lì a combattere perché si realizzi un ideale.

Per questo ti dedichiamo i versi del grande scrittore, pensati per gli eroi di San Crispino e noi li regaliamo a Te, eroe delle battaglie nella guerra di liberazione in Europa.

“Ogni brav’uomo racconterà al figlio, e il giorno di Crispino e Crispiano non passerà mai, da quest’oggi, fino alla fine del mondo, senza che noi in esso non saremo menzionati; noi pochi. Noi felici, pochi. Noi manipolo di fratelli: poiché chi oggi verserà il suo sangue con me sarà mio fratello, e per quanto umile la sua condizione, sarà da questo giorno elevata, e tanti gentiluomini ora a letto in patria si sentiranno maledetti per non essersi trovati oggi qui, e menomati nella loro virilità sentendo parlare chi ha combattuto con noi questo giorno di San Crispino!».

Ciao Harold

Avamposto 16 Italia

 

We here in Italy never had the pleasure of meeting you but we read about you, saw your face, felt your energy that you transmitted.

But one day eighty years ago, you were here, you were in Italy.

You had taken a ship with your olive green sack and you had watched the sun rise over the ocean knowing that behind that sunrise was a continent in danger, Europe and so many men women and children whose dreams of freedom had been taken away.

You spent a few years in constant danger and returned home having accomplished your mission.

We who are the grandchildren of those endangered people, born of the children you had after the war, are and will always be indebted to you in gratitude.

So great was your deed and that of so many heroes like You that to say goodbye we thought of giving you the words of a great writer, Shakespeare.

The writer tells us the heroic dimension is a defining trait of man. What does man really need? To feel a full belly or rather to feel inside a greater dimension, which is to offer oneself totally for a cause? Henry V says it clearly: those who have remained in their own beds and comforts without risking their lives are not privileged.

The privileged are they who have the opportunity to carve their names into the perenniality of memory. Those who feel privileged today, or are believed to be privileged, will one day regret not being there among them. Of not being there in the cold, of not being there to risk their lives, of not being there to fight for an ideal to be realized.

That is why we dedicate to you the verses of the great writer, designed for the heroes of St. Crispin, and we give them to You, hero of the battles in the war of liberation in Europe.

"Every good man will tell his son, and the day of Crispin and Crispian will never pass, from this day, until the end of the world, without us in it being mentioned; we few. We happy few. We handful of brothers: for he who sheds his blood with me today will be my brother, and however humble his condition, it will be from this day elevated, and so many gentlemen now bedded in their homeland will feel cursed for not being here today, and maimed in their manhood by hearing those who fought with us speak this St. Crispin's Day!"

Hi Harold

Op 16 Italy

lunedì 16 ottobre 2023

80° Anniversario della liberazione di Alvignano


Domenica prossima saremo presenti a ricordare i dogface soldiers della 34th Red Bull Division che liberarono Alvignano.

Sarà presente una rappresentanza militare dell'US Army con il colour guard.



 

domenica 15 ottobre 2023

80° Anniversario dell'operazione Shingle, lo sbarco di Anzio Nettuno



L'organizzazione è al lavoro per le celebrazioni di gennaio. 

Anche per il 2024 è prevista la nostra presenza con inviti di alte cariche militari dell'USArmy e US Navy. 

Saremo presenti con molte delle nostre mostre, due delle quali esposte per la prima volta.

Vi aggiorneremo nel corso di questi ultimi mesi che ci separano da questo evento.

Rock of The Marne!


 


giovedì 12 ottobre 2023

Premio Letterario Monte Carmignano per l'Europa.



Anche quest'anno siamo presenti al 
Premio Letterario Monte Carmignano per l'Europa.
Tanti i libri presenti quest'anno, per una manifestazione 
ogni anno più ricca.
Nel ricordo di Tommaso Sgueglia, che dal cielo, sarà contento di vedere il suo lavoro proseguire con la stessa passione.




 

Per coloro che non conoscono quanto è accaduto a Caiazzo, vi riportiamo quanto indicato sul portale del Comune di Caiazzo:

https://www.comunedicaiazzo.it/eccidio-monte-carmignano-3


Dal Volume « Caiazzo non perdona il Boia Nazista. La strage dimenticata, 13 ottobre 1943 »

di Antimo Della Valle, Edizioni Spartaco.

 Nell’ottobre del 1943, per ragioni strategiche, il fiume Volturno divenne decisivo per la realizzazione del piano difensivo tedesco che prevedeva la costruzione di una linea difensiva, (linea Gustav) per ritardare l’avanzata dell’esercito alleato verso nord. Per consentire l’allestimento dello sbarramento difensivo e completare le fortificazioni, soprattutto nella zona di Cassino, Kesselring organizzò una dura resistenza lungo il Volturno sfruttando le pessime condizioni atmosferiche. Il fiume è un vero e proprio ostacolo naturale perché le lunghe piogge creano periodi di piena e rendono il terreno circostante impraticabile. Vi furono aspri combattimenti tra le truppe anglo-americane e i tedeschi che si erano schierati lungo la riva settentrionale del fiume, con l’intento di difendere la linea difensiva. L’attacco della Quinta Armata contro le linee del Volturno iniziò la notte del 12 ottobre e, dopo due giorni di duri combattimenti, gli Alleati riuscirono a superare il fiume e conquistare la città di Caiazzo, un baluardo per la resistenza dei tedeschi che avevano organizzato una difesa efficace formata da unità di retroguardia sparse lungo la dorsale delle colline.

 Mentre gli Alleati stavano per oltrepassare il fiume, la sera del 13 ottobre un manipolo di soldati tedeschi, guidati dal giovane sottotenente Wolfgang Lehnigk-Emden, che occupavano una casa utilizzata come posto di comando sul Monte Carmignano, un colle che domina la valle del Volturno, uccisero gli abitanti di un casolare, che si erano rifugiati per sfuggire ai bombardamenti. Fu una strage. Furono annientati due interi nuclei familiari: quattro uomini, sette donne e undici bambini. Le vittime erano dei civili inermi, sospettati di aver lanciato segnali luminosi agli Alleati. I tedeschi li massacrarono con raffiche di mitra per poi straziarne i corpi. Il giorno dopo gli Americani superarono la linea difensiva tedesca sul Volturno e occuparono la cittadina di Caiazzo. Con loro arrivarono i corrispondenti di guerra americani che documentarono la terribile strage. William Stoneman, del Chicago Daily News, salì sul colle, alla periferia di Caiazzo, e dopo aver accertato che si era trattato di un massacro, iniziò a raccontare agli americani che alcuni tedeschi in ritirata verso il fronte di Cassino avevano ucciso donne e bambini, lasciando i corpi ammassati accanto al casolare dove si erano rifugiati. Nella sua lunga corrispondenza raccontò di aver trascorso la giornata più sofferta della sua vita collezionando le «peggiori esperienze che si possono fare in un’intera esistenza».

Stoneman informò il Servizio segreto militare americano dell’accaduto e cominciò a raccogliere elementi in grado di identificare il reparto di appartenenza delle truppe tedesche. Alcuni giorni dopo, l’esercito americano catturò un gruppo di militari tedeschi della terza compagnia del 29° Panzer Grenadier Regiment, tra i quali il responsabile della strage: Wolfgang Lehnigk-Emden, sottotenente di 21 anni. Condotto nel campo di prigionia di Aversa, l’ufficiale della Wehrmacht confessò di aver comandato la spedizione sul Monte Carmignano e di aver ordinato ai suoi soldati di uccidere i civili. Emden fu condotto ad Algeri in un campo di prigionia americano per comparire dinanzi ad una Commissione d’inchiesta, ma nell’agosto del 1945, in circostanze mai chiarite, riuscì a ritornare in Germania. In Italia nessuno conosceva il nome del responsabile della strage e i particolari dell’inchiesta, condotta dal Servizio segreto militare, poiché il Comando della Quinta Armata aveva comunicato di non «trasmettere i risultati alla stampa» per evitare rappresaglie nei confronti dei soldati americani. Ma Stoneman conosceva perfettamente i risultati dell’inchiesta, e quando fu nominato assistente per i crimini di guerra del Segretario Generale delle Nazioni Unite, inserì il nome di Emden nella lista dei criminali di guerra. L’inviato di guerra americano sollecitò il Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti per consentire la cattura del responsabile della terribile strage, inviando parte della documentazione raccolta dalla commissione d’inchiesta americana. Dopo una indagine interna, gli americani compresero di non essere in grado di individuare il prigioniero di guerra che nel frattempo era riuscito a rientrare in Germania. Nel luglio del 1946, il Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti inviò il dossier sulla strage al Governo italiano, evitando ogni coinvolgimento delle autorità americane responsabili di non aver consegnato il criminale alla giustizia italiana.

Così Stoneman si rivolse direttamente elle autorità italiane: il 10 marzo 1949, scrisse al ministro degli Esteri Carlo Sforza, per informarlo che un criminale di guerra, responsabile dell’eccidio di Caiazzo, era stato rimpatriato e non consegnato alla magistratura italiana. «Caro Conte Sforza, ricorro alla nostra conoscenza nei giorni difficili del 1943 e del 1944 – scrive Stoneman – per chiedere il vostro aiuto per scoprire se e cosa è stato fatto per punire e arrestare il tenente Wolfgang Lehnihk-Emden, quel giovane bruto tedesco che fu responsabile dell’uccisione di oltre venti civili italiani a Caiazzo».

Il Ministero degli Affari Esteri, dopo aver attivato una procedura per verificare i fatti e trasmesso i documenti alla procura generale militare, decise di non rintracciare il responsabile « in considerazione della fase delicata che attraversano le trattative attualmente in corso con le Autorità Sovietiche per la nota relativa ai presunti criminali di guerra detenuti in Italia e richiesti dal Governo dell’Urss». Il Ministero degli Esteri e la Procura Generale mostrarono una grande preoccupazione per le sorti dei criminali italiani richiesti dal governo dell’Urss e, per non compromettere le trattative in corso con le autorità sovietiche, decisero di non avviare il procedimento penale a carico di Emden. Il fascicolo fu archiviato in un armadio presso il Tribunale Supremo Militare di Roma e sulla strage di Caiazzo si alzò una coltre di silenzio e indifferenza.

Alla fine degli anni Ottanta, un italoamericano appassionato di storia, Joseph Agnone, mentre studiava la guerra sul Volturno, scoprì casualmente a Washington il dossier sulla strage di Caiazzo e inviò il carteggio alla magistratura italiana. Nel gennaio del 1991 la procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere avviò un procedimento penale a carico dei responsabili dell’eccidio di Caiazzo. Contemporaneamente anche in Germania fu avviata un’inchiesta che condusse all’arresto dell’ex ufficiale tedesco. Il sostituto procuratore Paolo Albano, che avviò l’istruttoria a carico dell’ex ufficiale tedesco, interrogò l’imputato nel carcere di Coblenza. «Mi trovai di fronte un uomo anziano, all’epoca aveva 70 anni, ma ancora forte ed energico – scrive il magistrato nel Diario di un pubblico ministero zoppicava leggermente poiché era rimasto claudicante per effetto di una ferita di guerra. Affrontò l’interrogatorio con atteggiamento glaciale, non vi fu un solo attimo in cui quest’uomo si sia commosso o abbia tradito un attimo di emozione: appariva impassibile. Mi colpì moltissimo la sua freddezza nel ricordare gli avvenimenti di quelle sera di quasi 50 anni prima […] Non mostrava nessun dispiacere, nessun tipo di pentimento».

Il 18 gennaio 1994 il Tribunale Superiore di Coblenza, sulla base di una sentenza della Corte di Cassazione del 1969, annullò il procedimento penale a carico di Lehnigk-Emden in quanto il reato era caduto in prescrizione. Non solo. Le autorità tedesche non concessero l’estradizione impedendo alla magistrature italiane di trasferire in Italia l’ex ufficiale della Wehrmacht.

Nonostante tutte le difficoltà, la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere presieduta dal procuratore di Cassino, Gianfranco Izzo, il 25 ottobre 1994 condannò all’ergastolo, in contumacia, l’ex tenente della Wehrmacht, Wolfgang Lehnigk-Emden e l’ex serpente Kurt Schuster. «La valutazione complessiva degli elementi acquisiti al processo» – si legge nella motivazione della sentenza «consente di individuare con certezza nell’imputato Lehnigk-Emden il promotore dell’azione delittuosa, ossia come colui che la ideò, ne assunse l’iniziativa e l’attuò in concorso con altri militari offertisi corne volontari». Ancora. «Questa Corte ritiene», scrive il giudice a latere Rosa Maria Caturano, «di poter legittimamente affermare che la condotta criminosa di Emden e Schuster fu tale da costituire un’ignominia indelebile per lo stesso esercito cui essi appartenevano».


Quel 13 ottobre 1943…

di Guido Ambrosino da "il Manifesto" del 9 febbraio 1994.

I dizionari dicono di Caiazzo che sorge “in amena posizione, sulle pendici di un colle che degrada verso il Volturno, a 23 km da Caserta. Il 13 ottobre 1943 i quattromila abitanti del paese si trovarono sulla linea del fronte.

Da Napoli avanzava la quinta armata americana. Sul monte Carmignano si era asserragliata la terza compagnia del 29esimo reggimento dei Panzergrenadier. Tra loro c’era il tenente Wolfgang Lehnig-Enden, nato il 10 dicembre 1922 a Calau, vicino Cottbus. E rimasta una foto del tenente allora ventenne: un viso liscio da ragazzino, occhialetti di tartaruga. Dalle testimonianze dei subordinati sappiamo che non lo stimavano. Lo studente puntellava la sua vacillante autorità esibendo fanatismo. La compagnia si sentiva in terra nemica. L’8 settembre, 5 settimane prima, l’Italia aveva firmato l’armistizio con gli alleati. La popolazione civile veniva considerata un potenziale avversario, ed il 29esimo reggimento dei granatieri corrazzati si comportava di conseguenza.

Nel diario del reggimento, alla data 16 settembre 1943, si legge che la ritirata procede secondo i piani e si aggiunge: “Fucilati diversi civili per intimidire la popolazione. La sera del 13 ottobre 1943 il tenente Lehnigk-Emden era particolarmente nervoso. Proprio quel giorno il governo Badoglio aveva dichiarato guerra alla Germania, e gli americani incalzavano: nella notte tra il 13 e il 14 i tedeschi lasciarono le posizioni sul monte Carmignano. Poche ore prima della ritirata, il massacro. L’ufficiale crede di vedere segnali luminosi da una vicina masseria. Un riflesso su un vetro che sbatte?  L’ondeggiare di un lume?

Lehnigk-Emden non ha dubbi: per lui quelli sono segnali rivolti agli americani.

Che la quinta armata avesse avuto il tempo di costruire una rete di informatori tra i contadini di Caiazzo é quanto mai inverosimile, tanto più in quei giorni di movimento del fronte. Del resto il casolare non poteva essere visto dalle posizioni americane.

Lehnigk-Emden, che sospetta dappertutto « traditori », irrompe nella casa con un paio di soldati e vi trova 22 persone: le famiglie Perrone, D’Agostino, Palumbo e Massadoro. I quattro capi famiglia vengono trascinati via come « partigiani » e portati al comando di compagnia, duecento metri più in alto. Lehnigk-Emden guida l’esecuzione e ammazza anche unragazzo di 14 anni e 2 donne, che si erano aggrappate i loro uomini e li avevano seguiti.

La scena si imprime nella memoria del granatiere Wilhelm May che, fatto prigioniero dagli americani il 4 novembre con 34 uomini della terza compagnia, racconta il massacro. La sua deposizione, raccolta ad Aversa il 5 novembre 1943, è confermata dal soldato Lella (o Leila), dai caporali Zikorski (o Sikorski: la grafia dei nomi oscilla) e Ligmanovski, dal sottufficiale Richter.  Secondo Wilhe May il tenente dice: laggiù ce ne sono molti altri ancora, dobbiamo fucilarli tutti. Lehnigk-Emden, accompagnato dai sottufficiali Kurt Schuster e Hans Gnass che lo avevano aiutato nella prima carneficina, torna alla prima masseria dove sono rimaste 15 persone : 10 bambini e bambine, la più piccola di 3 anni e, 5 donne e ragazze, la più giovane sedicenne.

I soldati gettano granate dentro casa, dalle finestre. Chi fugge all’aperto viene falciato dai mitra, o massacrato con le baionette e i calci dei fucili. Il granatiere Wilhelm May, nella sua dichiarazione agli americani aggiunge « Io ed un moi compagno ci dicemmo che avremmo dovuto ammazzare Lehnigk-Emden, perché quel che aveva fatto era una vergogna per l’esercito tedesco. I verbali sono redatti da Hans Habe, giornalista di origine austriaca rifugiatosi negli Usa e tornato in Europa con l’uniforme dell’Us Army. Habe interroga anche Lehnigk-Emden, che in un primo tempo ammette solo la fucilazione di quattro uomini, e mente sostenendo di aver avuto l’ordine di fucilarli dal comandante di compagnia Draschke (secondo gli altri prigionieri, a Lehnigk-Emden che sollecitava una rappresaglia Draschke rispose, « non voglio assumermi questa responsabilità », e subito dopo si allontanò per prendere contatto col comando del battaglione.

L’8 novembre Lehnigk-Emden confessa che anche delle donne erano state uccise, ma cerca di giustificarne la morte sostenendo che si erano gettate davanti agli uomini, sulla linea di fuoco. Lehnigk-Emden, trasferitosi in un campo di prigionia in Algeria, viene nuovamente interrogato insieme agli altri testimoni da una commissione d’inchiesta. Riesce a fuggire, anche se con una ferita alla gamba, lo ritrovano gli inglesi, ed una loro nave ospedale lo riporta in Europa.

A Goettingen lo rilasciano per errore. Nei suoi confronti pende già un mandato di cattura, ma un soldato americano ha commesso uno sbaglio nel trascrivere il nome. Invece di Wolfgang Lehnigk-Emden sul documento si legge Wolfgang Lemick. Questa inesattezza gli consente di dileguarsi.  Nessuno conosce un Lemick. Col suo vero nome l’ex tenente si sposa nel 1950 e si trasferisce a Ochtendung, un paese di 4500 abitanti vicino Coblenza. Lavora con un certo successo come architetto e siede nel consiglio comunale (sin dal 1946 si è iscritto alla SPD). Dal 1966 presiede l’associazione che organizza il carnevale a Ochtendung.

Al processo si è arrivati grazie alle ricerche di Giuseppe Agnone, nato in un paese vicino Caiazzo ed emigrato negli Usa nel 1956 e di documenti trovati a Caiazzo dallo storico Giuseppe Capobianco. Negli archivi Usa Agnone trovò i verbali completi degli interrogatori di Aversa e di quelli effettuati in Algeria. Gli atti, classificati come “riservati” (confidenziali) erano stati nel frattempo resi accessibili. II nome del responsabile vi era scritto correttamente. Agnone consegnò le copie alla procura di Santa Maria Capua Vetere. L’Interpol si mosse. Il 15 ottobre 1992 Wolfgang Lehnigk-Emden venne arrestato. Ora, dal 18 gennaio del 1994, è di nuovo libero.

 





giovedì 28 settembre 2023

ARTIGLIERIA ANTIAEREA DELLA QUINTA ARMATA DA SALERNO A FIRENZE

Proseguiamo con la ricerca di personaggi meno conosciuti della campagna in Italia da parte dell'US Army, parlando del generale di brigata Aaron Bradshaw, Jr., comandante della contraerea. Dal suo racconto di fine guerra, trovato in una libreria negli Stati Uniti, tanti piccoli particolari accaduti dallo sbarco di Salerno fino a Firenze. La storia dei combattimenti vista con gli occhi che guardano verso il cielo.

Racconto da leggere fino alla fine per poi vedere le foto, molte inedite.

Buona lettura.


ARTIGLIERIA ANTIAEREA DELLA QUINTA ARMATA

DA SALERNO A FIRENZE

9 settembre 1943 - 8 settembre 1944

Artiglieria antiaerea

Preparato dal Comando Sezione Artiglieria Antiaerea della Quinta Armata

Passato per la pubblicazione da Censura della stampa sul campo

 

QUARTIERE GENERALE QUINTA ARMATA

Agli Ufficiali e agli Uomini dei Reparti di Artiglieria Antiaerea della Quinta Armata:

Avete fatto la storia in più di un modo. Facevate parte di quelle coraggiose truppe alleate di tutti i rami che si fecero strada lungo la penisola italiana per conquistare Roma da sud, un compito che il potente Annibale non riuscì a portare a termine. Insieme all'aeronautica alleata, avete impedito alla Luftwaffe di annientare la valorosa forza di Anzio. Ovunque in Italia avete fermato costantemente l’aeronautica tedesca ogni volta che se ne presentava l’occasione. Avete agito in ruoli nuovi e responsabilmente, portando a termine la vostra missione ogni volta con distinzione. Avete guadagnato l'ammirazione e il rispetto di tutte le truppe alleate. In breve, avete dimostrato, e brillantemente, il grande valore dell’artiglieria antiaerea. Sono orgoglioso dei vostri risultati. Anche voi dovreste essere orgogliosi di questo. Il vostro Paese vi è grato.

Questo è il vostro libro, il vostro resoconto della storia che avete fatto.

 

Generale di brigata, Stati Uniti

Comandante della contraerea.

Aaron Bradshaw, Jr.

 

introduzione

Nel solo anno trascorso dallo sbarco della Quinta Armata a Salerno, il 9 settembre 1943, fino ad oggi, le penne sono state strappate una ad una dalle ali della fiera Luftwaffe; la cui potenza d'urto è notevolmente indebolita, sembra praticamente sradicata. A questa grande vittoria parteciparono in misura importante le unità di artiglieria antiaerea della Quinta Armata, che avanzarono lentamente, si spinsero e infine risalirono la penisola italiana con la fanteria, i mezzi corazzati e l'artiglieria da campo. Il loro compito era quello di fermare quegli elementi dell'aeronautica tedesca che penetravano nelle nostre difese aeree e venivano a bombardare e mitragliare le nostre truppe e installazioni. Lo hanno fatto così bene, insieme alla nostra forza aerea, che almeno per il momento sembra che siamo letteralmente liberati della loro presenza. Oggi, di conseguenza, molte unità antiaeree si stanno preparando per una serie di nuovi incarichi come fanteria, polizia militare, società di autotrasporto, genio e artiglieria da campo, in cui, se chiamati, possono servire la Quinta Armata con la stessa completezza ed eccellenza del loro ruolo precedente. Finché la Luftwaffe continuerà a rappresentare una minaccia, tuttavia, un numero sufficiente di unità AAA per affrontarla continueranno i loro ruoli normali. Altri, se utilizzati per altri compiti durante periodi di relativa inattività, continueranno a tenere le armi a portata di mano e pronti per un immediato ritorno in battaglia nel caso in cui la Luftwaffe mostrasse segni di ripresa.

Per celebrare il primo anniversario del Salerno Day e per ricordare i successi dell'anno, questo breve resoconto delle attività antiaeree è stato preparato per gli ufficiali e i soldati semplici che possono guardare indietro con soddisfazione ad un compito superbamente svolto.

Salerno

Dalle spiagge di Salerno, nella difesa di Napoli, nella traversata del Volturno e del Rapido fino ad Anzio, la contraerea della Quinta Armata ebbe la meglio sull'aeronautica tedesca. L'accento è stato posto non solo sull'impegno primario, quello di combattere attivamente e aggressivamente gli aerei nemici, ma anche sul suo valore in termini di sostegno generale. Sbarcando a Salerno, le unità di fanteria, che entrarono con le prime ondate d'assalto, scovarono e ingaggiarono carri armati, fanteria e artiglieria tedeschi, nonché aerei da incursione. La mattina presto del 9 settembre, un battaglione di fanteria con solo 7 cannoni a terra e pronto per gli aerei nemici si trovò in una mischia generale di carri armati e fanteria nemici. Due carri armati furono messi fuori combattimento da proiettili perforanti da 40 millimetri. Mentre altri cannoni venivano sbarcati e in posizioni frettolose, il battaglione riversò il fuoco sugli edifici, liberandoli dai cecchini nemici. Le postazioni di mortai e mitragliatrici nemiche furono eliminate. Si verificò uno scontro unico tra un singolo cannone da 40 millimetri e un pezzo tedesco da 88 millimetri a una distanza di 1.350 iarde. Il cannone da 40 millimetri ingaggiava il bersaglio con un fuoco automatico da 75 colpi. L'equipaggio nemico abbandonò la sua arma. Il grande compito a Salerno, tuttavia, fu quello principale di respingere i selvaggi e ripetuti attacchi aerei diretti alle truppe e ai rifornimenti ammassati nella piccola area della testa di ponte, alle navi e alle piccole imbarcazioni che facevano la spola da e verso le spiagge. Questi attacchi continuarono ad intervalli frequenti giorno e notte per i primi 7 giorni.

Hanno fallito completamente nel loro obiettivo principale: distruggere truppe e rifornimenti sulle spiagge e fermare il flusso di rinforzi e rifornimenti di vitale importanza. Tutte le volte le unità antiaeree ingaggiarono questi aerei, ne distrussero alcuni, ne danneggiarono molti e ne allontanarono altri dall'area. Coloro che penetrarono le difese, nel tentativo di sfuggire alla distruzione, non furono in grado di bombardare con precisione.

Avanzata e presa di Napoli

Sconfitto il nemico nella battaglia per le spiagge, l'Esercito iniziò la lotta estenuante e implacabile lungo la penisola italiana. La contraerea leggera e pesante era impegnata nella protezione degli attraversamenti fluviali, dei ponti, delle linee di comunicazione, dell'artiglieria da campo, della fanteria, dei depositi di rifornimenti, dei porti e di altre installazioni vitali. La nostra cattura e l'utilizzo del porto di Napoli hanno portato la forza tedesca di bombardieri a lungo raggio dal Nord Italia nel tentativo di ostacolare i lavori di ripristino del porto e, successivamente, nel tentativo di distruggere le navi.

Voli di 25-30 Junkers 88 colpirono frequentemente in determinati attacchi notturni. I nostri danni furono lievi, il costo per la Luftwaffe pesante. L'artiglieria contraerea era presente al primo attacco e ad ogni successivo i nazisti trovarono le difese ampliate e rafforzate. Non riuscendo a interferire materialmente con l'uso del porto e incapace di fermare la costante avanzata verso nord, il nemico rivolse presto la sua attenzione alle truppe avanzate e le incursioni su Napoli divennero rare.

Il Volturno

Con l'attraversamento del Volturno l'aeronautica tedesca colpì con maggiore determinazione i ponti e le artiglierie. Voli composti da 25-40 aerei, con i piloti che mostravano notevolmente più abilità e audacia, attaccarono con ampie spazzate lungo il fiume. Qui l'esperienza di Salerno e Napoli comincia a raccontare. In uno straordinario scontro il 15 ottobre, 34 aerei nemici attaccarono l'artiglieria della 3ª divisione. Uscendo dal sole, 20 Focke-Wulf 190 si tuffarono all'attacco. Sette aerei sono stati distrutti dalle fiamme. I 14 rimasti in alto non attaccarono. Altri quattro furono distrutti lo stesso giorno quando 30 aerei attaccarono la fanteria avanzata. Le truppe e i rifornimenti scorrevano ancora sui ponti e la Luftwaffe non era riuscita a interrompere l'avanzata.

Cassino - Minturno - Il Rapido

La contraerea scavava fianco a fianco con la fanteria e l'artiglieria da campo nel fango e nella neve della stagione amara prima della linea invernale tedesca. Con il nemico saldamente radicato nella solidità della Linea Gustav, al II Corpo fu affidata la missione di stabilire una testa di ponte sul fiume Rapido. Un reggimento del genio aveva il compito di costruire inizialmente tre ponti su questo fiume. Su queste sarebbero passati i carri armati per sfruttare l'attacco della fanteria. Ci si aspettava che la reazione aerea nemica fosse brusca, con decisi tentativi di bombardamento in picchiata per distruggere i ponti e mitragliare le aree di raccolta delle truppe di fanteria. La missione dell'artiglieria antiaerea era una missione di supporto ravvicinato, per avvicinarsi agli ingegneri e difendere i ponti e il flusso di rinforzi e rifornimenti di truppe dopo che la fanteria aveva stabilito le teste di ponte.

Alle 20:00 del 20 gennaio la fanteria saltò giù, incontrando un'immediata e pesante opposizione nemica. Alle 24:00 il personale e le attrezzature del genio e della contraerea si sono spostati, come da programma, verso il fiume. L'intenso fuoco nemico di armi leggere, mortai e artiglieria, che aveva causato pesanti perdite e impedito la creazione di una soddisfacente testa di ponte da parte della fanteria, cadeva ancora sugli approcci alle aree di attraversamento. Le strade bloccate dalle vittime e dalle attrezzature distrutte hanno impedito l'occupazione da parte di alcuni cannoni antiaerei delle loro posizioni precedentemente ricognite. Tuttavia, tutti i cannoni che erano in grado di raggiungere posizioni soddisfacenti si mossero e i loro equipaggi, nonostante il forte fuoco, prepararono e occuparono le posizioni prima dell'alba. Altri cannoni, temporaneamente impossibilitati a raggiungere le posizioni, sono stati trattenuti in aree di raccolta a breve distanza nella parte posteriore da cui gli equipaggi, sotto il fuoco, procedevano a piedi per preparare le loro posizioni. La luce del giorno trovò 21 dei 32 cannoni in posizioni trincerate, pronti a sparare, un'impresa che, nelle condizioni incontrate, attestava l'eccezionale disciplina, coraggio, addestramento e determinazione degli ufficiali e degli uomini coinvolti. Le armi rimanenti occuparono le posizioni il giorno successivo.

Tutte le unità si ritirarono la notte del 22 gennaio quando l'operazione fu abbandonata. Degna di nota durante l'operazione fu la mattina del 21 gennaio, quando le truppe di fanteria davanti alle postazioni antiaeree nel settore centrale, a causa delle gravi perdite, si ritirarono. Il personale antiaereo, mantenendo le proprie posizioni, ha assicurato la propria difesa terrestre fino al pomeriggio dello stesso giorno.

Al 31 dicembre, l'aeronautica tedesca aveva effettuato 398 attacchi, 305 dei quali contro l'area avanzata. Il fuoco antiaereo ha distrutto 119 aerei; altri 86 furono probabilmente distrutti. Di questi, 82 aerei furono distrutti attaccando le truppe avanzate.

Nel frattempo, con il tempo inclemente e la mancanza di azione aerea nemica, gli equipaggi dei 90 millimetri, colpiti dall'artiglieria nemica, furono autorizzati a rispondere al fuoco, una missione che eseguirono con entusiasmo con un netto miglioramento del loro morale. Ben presto dimostrarono la loro capacità di colpire e distruggere bersagli terrestri e l'artiglieria da campo acquisì una preziosa arma di supporto, le cui capacità furono sfruttate sempre di più man mano che la campagna procedeva. Degna di nota durante la metà di dicembre fu la tecnica sviluppata di bombardare la contraerea nemica con i nostri 90mm ogni volta che i nostri aerei attaccavano. Il bombardamento ebbe un grande successo, costrinse le batterie antiaerea tedesche al silenzio o alla ritirata e suscitò i ringraziamenti e l'apprezzamento del nostro Corpo aereo.

Anzio

Mentre il nostro attacco veniva respinto al Rapido, altre truppe sbarcavano nelle retrovie tedesche ad Anzio. Lì il duello tra la contraerea alleata e l'aeronautica tedesca raggiunse il culmine. L'obiettivo era vitale, piccolo e concentrato, facilmente raggiungibile dai campi di caccia e bombardieri nemici. Gli attacchi aerei contro le forze d'invasione iniziarono rapidamente e continuarono mentre il nemico portava freneticamente le truppe nell'area minacciata.

Il nemico era determinato a distruggere le nostre forze con pesanti bombardamenti o a gettarci in mare. Per la prima volta nella campagna d'Italia, appoggiò pesantemente i suoi attacchi di terra dall'alto. La sua forza di bombardieri nel nord Italia e nel sud della Francia, colpì con le missioni di distruggere il porto di Anzio e le sue navi e di colpire da un'estremità all'altra la testa di ponte.

La ferrea determinazione dei tedeschi fu dimostrata il 29 gennaio, 7 giorni dopo lo sbarco, quando 60 aerei - Junkers 88, Dornier 217 e Heinkel 177 - scesero per distruggere le navi nel porto di Anzio. Il fuoco dei nostri cannoni da 90 millimetri colpì la formazione in alto mare, costrinse gli aerei a colpire in singoli attacchi modesti e riuscì a distruggere 5 aerei. Interrompendo il piano di attacco di massa, la contraerea salvò le navi vitali e i depositi di munizioni.

Quella notte, quando fu preso il punteggio, l'aeronautica tedesca aveva fatto irruzione sulla testa di ponte 53 volte. L'antiaerea aveva colpito 38 aerei, di cui 10 probabilmente distrutti.

La forza d'attacco più forte e coerente mai vista nel teatro italiano, tuttavia, fu radunata dai nazisti il 15 febbraio, il giorno prima dell'offensiva tedesca su vasta scala. Per 7 giorni consecutivi, l'aeronautica tedesca, tentando ogni trucco conosciuto e utilizzando di tutto, dai caccia ai bombardieri pesanti, colpì ripetutamente il porto di Anzio.

In quei 7 giorni, i nazisti persero 25 aerei, che furono visti schiantarsi e bruciare, e altri 23, che furono elencati come probabilmente distrutti.

Così, nel periodo dal 22 gennaio al 22 febbraio, abbiamo distrutto 68 aerei, che sono stati visti schiantarsi. I danni al nostro materiale e al nostro personale sono stati lievi. I rifornimenti sono stati comunque scaricati senza problemi.

I rifornimenti si riversarono nel porto e sulle spiagge a migliaia di tonnellate.

Dopo che 178 incursioni si sono svolte con determinazione, il ritmo dell'attività aerea nemica ha oscillato. Seguirono incursioni secondo schemi definiti, ma ogni tentativo fu distrutto. Durante i raid mattutini, il 30% della forza che attaccava le navi fu distrutto. Uno scontro pomeridiano il 29 marzo si rivelò disastroso per i nazisti quando 8 dei 20 aerei che si tuffarono nel porto dal sole furono distrutti e gli altri si dispersero e fuggirono, alcuni con le bombe ancora a bordo.

Fallendo con questi metodi di attacco, i tedeschi, prendendo spunto dal nostro libro, cercarono di neutralizzare la nostra contraerea bombardando le pesanti batterie di cannoni antiaerei durante i loro raid aerei. La nostra artiglieria campale ha dato una risposta immediata con la controbatteria su chiamata dell'antiaerea  coordinata e decisamente efficace. Ancora una volta il nemico dovette respingere un tentativo fallito.

Circa il 75% di tutti gli attacchi aerei sono avvenuti di notte e le nuove tecniche hanno reso il nostro fuoco su obiettivi invisibili estremamente preciso. Non si trattava del vecchio e familiare fuoco di sbarramento che il nemico aveva incontrato così spesso in passato, ma di un fuoco così efficientemente coordinato che singoli aerei tedeschi ne rimanevano colpiti anche quando attaccavano simultaneamente da diverse direzioni e altitudini.

Il numero di aerei distrutti non è una misura della piena efficacia del fuoco antiaereo. Una grande percentuale degli aerei che effettuavano gli attacchi si allontanarono dal bersaglio, lanciarono le bombe in acqua o più volte sulle proprie truppe e abbandonarono l'attacco a causa del fuoco devastante.

Ogni volta che il nemico impiegava 8 o più aerei, perdeva almeno 1 aereo distrutto e in alcuni casi dal 30 al 45% della sua forza d'incursione. I nazisti furono costretti ad abbandonare i loro attacchi su larga scala.

In tutti gli attacchi notturni al porto, l'aeronautica tedesca ha ovviamente notato che non è stato ricevuto alcun fuoco da unità antiaeree leggere nelle zone anteriori della testa di ponte. Sapendo che i nostri cannoni pesanti non avrebbero potuto attaccare aerei a bassa quota in quella zona senza mettere in pericolo le nostre stesse truppe di terra, i nazisti iniziarono ad approfittare dell'inattività notturna della contraerea avanzata. I loro aerei cominciarono ad arrivare a bassa quota nelle aree anteriori dove manovravano cercando bersagli di opportunità, sui quali scaricavano prontamente bombe AP o HE, o entrambe. L'artiglieria antiaerea contrastò prontamente queste tattiche organizzando le unità antiaeree avanzate per consentire il fuoco di sbarramenti controllati in uno qualsiasi o tutti e tre i settori in cui erano state divise le aree avanzate.

I timori delle truppe dell'area avanzata era che tale fuoco sarebbe servito semplicemente a mostrare la loro posizione agli aviatori nemici e, inoltre, avrebbe potuto distruggere le posizioni di fuoco concentrato dell'artiglieria.

Questi timori furono completamente dissipati dalla prima dimostrazione. Il fuoco ammassato delle centinaia di cannoni allontanarono rapidamente gli aerei nemici dall'area. Dopo alcuni ulteriori tentativi incerti e alcuni bombardamenti inefficaci di alcune postazioni di cannoni leggeri, le aree anteriori furono aggiunte al territorio vietato alla Luftwaffe.

Quando la testa di ponte fu finalmente rotta, il fuoco antiaereo aveva distrutto 204 aerei e probabilmente ne aveva colpiti altri133. Anzio aveva subito 291 attacchi per un totale di 2.500 sortite.

Lo sviluppo del cannone da 90 millimetri come pezzo di artiglieria da campo durante i mesi invernali fu brillantemente dimostrato nell'assalto finale dell'esercito alla linea Gustav. In preparazione all'attacco lanciato l'11 maggio, tutte le batterie di cannoni pesanti furono spostate in alto in modo da poter sostenere da vicino la fanteria.

Dall'esperienza precedente nella campagna, si è scoperto che il cannone da 90 millimetri, con lo scoppio in aria, per la sua rapidità di fuoco e precisione, era molto letale contro le concentrazioni di fanteria nemica. Anche dalle esperienze precedenti abbiamo imparato il valore dell'arma nel ruolo di controbatteria. Sapevamo anche che i tedeschi temevano quell'arma, e che i prigionieri catturati diversi mesi prima durante la campagna invernale avevano chiamato l'arma "Ratsch-bum". I prigionieri hanno detto di aver sentito lo scoppio della granata prima che potessero cadere o mettersi al riparo. Le normali trincee non riuscivano a proteggere dagli spruzzi verso il basso di schegge provenienti da esplosioni in aria e, a causa dell'elevata velocità di fuoco, molti colpi spesso cadevano prima che si potessero raggiungere i ripari con copertura aerea. Dissero che questa caratteristica aveva un grande effetto demoralizzante sulle loro truppe.

Pertanto, nell'assalto alla linea Gustav, ai cannoni da 90 millimetri furono assegnate 218 missioni e spararono 40.000 colpi di munizioni. Il pesante fuoco dei cannoni, sferrato rapidamente in forti concentrazioni, neutralizzò l'artiglieria nemica da campo e antiaerea, colpì le concentrazioni di fanteria nemica che si stavano formando per attaccare, impedì al nemico l'uso di importanti incroci stradali e, spruzzando schegge sulle piste su cui trasportava rifornimenti, aiutò a interrompere alcune delle sue importanti linee di comunicazione in montagna. Anche le batterie dei Nebelwerfer furono impegnate e silenziate.

In preparazione all'offensiva lanciata dalla testa di ponte di Anzio il 23 maggio 1944, tutti i battaglioni di cannoni sulla testa di ponte furono organizzati per il fuoco di terra sotto un unico centro di direzione del fuoco. Le batterie furono registrate su obiettivi terrestri e prima del D-day e dell'H-hour effettuarono pesanti fuochi preparatori su truppe, postazioni di mitragliatrici, postazioni di mortai e artiglieria nemica. Poco dopo l'ora H del giorno dell'attacco, 1.000 colpi di munizioni da 90 millimetri furono abbattuti su 17 posizioni nemiche. Un esempio dei risultati è fornito nel seguente rapporto di intelligence:

" Poco dopo mezzogiorno del 23, furono osservati da 300 a 400 soldati tedeschi avvicinarsi alle nostre linee portando bandiere bianche e sventolando fazzoletti bianchi. La concentrazione esitava prima di imbattersi in una massicciata ferroviaria che si trovava tra loro e le nostre linee. Temevano di dover ritornare alle loro linee, un osservatore avanzato sulla sponda della ferrovia ha chiesto il fuoco su di loro. I cannoni da 90mm, senza nessun altro fuoco di supporto, si aprirono. Subito dopo la prima concentrazione di fuoco, 50 nemici attraversarono di corsa la ferrovia e si riversarono nelle nostre linee in completo disordine. Gli altri rimasero dov'erano. Fu abbattuto su di loro un fuoco più pesante.

Furono sparati duecento colpi e altri 100 tedeschi accorsero nelle nostre linee arrendendosi selvaggiamente. I resti o non furono in grado di entrare nelle nostre linee o si ritirarono da dove si trovavano. Man mano che l'attacco procedeva e la nostra fanteria avanzava, i 90mm continuavano a sostenere da vicino l'avanzata. Per 5 giorni, durante le fasi critiche della battaglia, quest’azione continuò. In totale furono sparati 24.650 colpi di munizioni pesanti. "

Il viaggio attraverso Roma fino a Firenze

Distruggendo la determinata resistenza nemica a Cisterna, Velletri e Lanuvio, le forze della testa di ponte si unirono alla forza principale del fronte meridionale e si diressero verso Roma. La mattina presto del 4 giugno le nostre truppe entrarono nella periferia della città. Il nemico, demoralizzato e sconfitto, si ritirò verso nord. Fu una ritirata che alla fine li portò fino al fiume Arno, da dove i tedeschi ripiegarono sulla decantata Linea Gotica. Questa fu una delle fasi più massacranti della campagna per le truppe antiaeree. Le unità cambiavano frequentemente posizione più volte durante un periodo di 24 ore in modo che gli elementi avanzati avessero una protezione costante contro gli aerei nemici. L'avanzata fu così rapida che le truppe antiaeree, per stabilire le loro postazioni di artiglieria più avanzate, furono costrette in diverse occasioni a sgombrare l'area dai cecchini e dalle truppe di fanteria che coprivano il nemico in ritirata.

L'attività aerea nemica, dallo sfondamento di Cisterna in maggio all'occupazione di Firenze in agosto, passò da scarsa a quasi nulla. Mentre l'Esercito avanzava lungo la costa, la contraerea, sempre tra gli elementi avanzati, predispose l'immediata protezione dei porti di Civitavecchia, Piombino e Livorno. Diversi tentativi incerti da parte della Luftwaffe di colpire i porti di notte furono frustrati dai cannoni molto prima che gli aerei entrassero nell'area vitale.

Il punteggio antiaereo

Facendo le somme, nell'anno successivo allo sbarco a Salerno, l'artiglieria antiaerea della Quinta Armata abbatté dal cielo 463 aerei. Oltre a questi aerei, che erano stati visti schiantarsi, probabilmente furono distrutti 303 velivoli. Questi ultimi furono colpiti e presero fuoco, ma i loro rottami non furono ritrovati. Il nemico, in quel periodo, progettò sulle truppe e sulle installazioni della Quinta Armata 635 attacchi per un totale di 4.670 sortite. Ma l’artiglieria antiaerea sconfisse in modo decisivo lo sforzo nazista e costrinse a un pesante tributo di aerei distrutti; calcolato in circa l’85% di tutti gli scontri.

Conclusione

La contraerea può davvero guardare con orgoglio e piacere all'attività svolta nell'anno successivo allo storico sbarco a Salerno del 9 settembre 1943. In quell'anno si scontrò e sconfisse in maniera decisiva ogni tentativo dell'Aeronautica tedesca di interferire efficacemente con le operazioni di terra dell'Aeronautica Militare.

La Quinta Armata, con la nostra Aeronautica Militare, operando sempre in stretta sintonia e collaborazione, ad Anzio hanno incontrato e superato con successo la loro prova più grande. Con gli aeroporti nemici quasi nelle loro vicinanze e i nostri molto lontani, divennero praticamente la prima linea di difesa per le truppe assediate sulla testa di ponte che in seguito giocarono un ruolo così importante nella presa di Roma e nell'inseguimento del nemico sconfitto fino all'Arno, molto a nord.

In quei 7 giorni, i nazisti persero 25 aerei, che furono visti schiantarsi e bruciare, e altri 23, che furono elencati come probabilmente distrutti. Da quando lo sforzo aereo del nemico è svanito, alcune truppe antiaeree, altamente addestrate e disciplinate e abituate a lavorare a stretto contatto con altri rami dell'esercito, hanno dimostrato il loro talento per altri scopi. Si sono guadagnati l'ammirazione e l'apprezzamento dell'intero esercito per la loro capacità dimostrata di svolgere in modo credibile quasi tutti i compiti con un tempo minimo di preparazione. Le nostre truppe, dopo aver combattuto e vinto la battaglia per la quale erano state inizialmente addestrate, sono ancora qui come provati soldati dello Zio Sam e devono ancora ricevere un compito che non sono in grado di gestire.

Oggi, nella Quinta Armata, ogni volta che si verifica un'emergenza per la quale sono necessarie truppe addestrate e disciplinate, si chiama l'antiaerea a prendere il comando. In verità, noi della Quinta Armata Antiaerea possiamo essere orgogliosi del nostro contributo allo sforzo bellico durante l'anno di guerra in Italia.


























giovedì 21 settembre 2023

La grande corsa fino al fiume Volturno. Dalla testa di ponte di Salerno, fino a Napoli




Quando il successo della nostra difesa, il 14 settembre, indicò che la testa di ponte di Salerno era sicura, il Generale Clark, in una lettera al Generale Dawley, comandante del VI Corpo, si congratulò con ogni ufficiale e arruolato della Quinta Armata. Scrisse: 

Siamo arrivati ​​al nostro obiettivo iniziale; la nostra testa di ponte è sicura. Ogni giorno sbarcano nuove truppe e noi siamo qui per restare. Non verrà ceduto nemmeno un metro di terreno.”

La vittoria di quel combattimento, tuttavia, non fu la fine della battaglia, poiché la Quinta Armata non aveva ancora catturato il porto e gli aeroporti di Napoli, i suoi obiettivi principali. Questi obiettivi si trovavano a 30 miglia a nord-ovest delle nostre linee del fronte, oltre l’Appennino campano. Nel pianificare l'attacco di Salerno i comandanti alleati avevano tenuto conto dei pericoli derivanti dall'attraversamento di queste montagne su strade che si snodano attraverso passi stretti. Avevano sperato che l'impeto iniziale degli sbarchi avrebbe reso sicure le vie a nord da Salerno e Vietri verso la piana di Nocera, ma la tenacia della resistenza tedesca distrusse queste speranze. Ora la Quinta Armata doveva riprendere l'offensiva e farsi strada attraverso le montagne verso Napoli.

L'Ottava Armata del generale Montgomery si stava avvicinando sul fianco sinistro delle forze tedesche a Salerno. Unità della 1a Divisione Aviotrasportata entrarono a Bari il 14 settembre e si spostarono a nord verso Foggia. Gli elementi principali della 5a divisione di fanteria entrarono in contatto con la Quinta Armata a Vallo, a sud-est di Agropoli, il 16 settembre. Se il nemico voleva evitare di essere aggirato, doveva ritirarsi.

Si ritiene che l'alto comando tedesco abbia ordinato di conseguenza al XIV Corpo Panzer di fronte alla Quinta Armata degli Stati Uniti di ripiegare verso nord-ovest in un vasto movimento di rotazione basato sulla Penisola Sorrentina. Le forze nemiche su questo fianco dovevano mantenere i passi di montagna il più a lungo possibile per consentire la completa distruzione del porto di Napoli e per salvaguardare l'evacuazione della pianura campana. Poi anche loro sarebbero ripiegati sul fiume Volturno e si sarebbero collegati al LXXVI Corpo Panzer in ritirata davanti all'Ottava Armata, per formare una linea solida attraverso lo stivale italiano.

I piani nemici prevedevano una resistenza ostinata contro il 10° Corpo e un'azione di retroguardia contro il VI Corpo; i tedeschi non avrebbero quasi avuto alcun contatto con l'Ottava Armata finché questa non si fosse spinta a nord di Foggia. Il piano della nostra avanzata su Napoli era complementare al piano tedesco di ritirata. Attraverso la catena dell'Appennino Campano lungo la Penisola Sorrentina, dove il nemico teneva più forte, la Quinta Armata attaccò con più accanimento.

Superati i difficili passi di questa catena, l'esercito avrebbe percorso il resto del tragitto attraverso la pianura campana. Questo era l'approccio più breve e più semplice a Napoli.

All'interno del 10 Corpo, sul fianco sinistro, l'attacco principale fu assegnato alla 46a Divisione, spostandosi da Vietri sul Mare verso Nocera. A destra la 56a Divisione si spinse direttamente a nord da Salerno per prendere il nemico sul suo fianco destro. Il grosso dell'82a Divisione aviotrasportata alla fine entrò all'estrema sinistra del 10 Corpo; insieme alle forze Ranger e alla 23a Brigata Corazzata britannica, seguì la stretta strada a nord di Maiori per fiancheggiare le difese nemiche a Nocera da ovest.

Dietro la 46ª Divisione, si trovava la 7ª Divisione corazzata britannica, pronta a passare e colpire per Napoli non appena le nostre avanguardie avessero raggiunto la piana di Nocera.

Il VI Corpo, al comando del Magg. Gen. John P. Lucas dal 20 settembre, ricevette la missione di aggirare l'estrema destra della Quinta Armata per mantenere il contatto con l'Ottava Armata e prendere le montagne a est di Napoli, minacciando in questo modo la difesa tedesca della pianura campana. La velocità qui era vitale, sia per esercitare una pressione sulle principali forze tedesche di fronte al 10° Corpo, sia per scoraggiare le demolizioni nemiche.

La nostra avanzata sul fianco destro, 15-19 settembre

Il VI Corpo doveva ancora scacciare il nemico dalla Fabbrica di Tabacchi e dalla collina 424 prima che potesse entrare nelle montagne. Il 15 settembre la fanteria nemica era trincerata lungo tutto il fronte della 45a divisione, ma c'erano indizi che i tedeschi potessero ritirarsi sul nostro fianco estremo destro. Dalle postazioni del Monte Soprano il 505° Fanteria Paracadutisti inviò il 16 settembre delle pattuglie a Rocca d'aspide e non trovò tedeschi in paese; altre pattuglie del 504° Fanteria Paracadutisti segnalarono solo pochi nemici nelle vicinanze di Albanella. La strada sembrava aperta per un nuovo attacco ad Altavilla.

Nel pomeriggio del 16, il Col. Reuben H. Tucker del 504° guidò il suo 1° e 2° battaglione nella lunga e ardua marcia attraverso il paese dall’area di Tempone di San Paolo lungo il crinale dell'Albanella. Dopo un breve riposo, i paracadutisti partirono alle 16.30, il 1° Battalione in testa, per lanciare un attacco notturno contro le colline 424 e 315 da sud. Al calare della notte, l'artiglieria nemica divenne più attiva. La sua intensità e precisione ostacolarono l'avanzata e fecero perdere i contatti tra le unità, ma il 1° Battaglione respinse gli avamposti nemici nelle vicinanze del Monte del Bosco e qui le truppe bivaccarono per la notte. Nella mattinata del 17  il 1° Battaglione si spostò sul colle senza numero a est di Altavilla, mentre il 2° Battaglione presidiava le pendici nord del Monte del Bosco. Il quartier generale del reggimento fu tagliato fuori con gravi perdite. Il 1° battaglione respinse un attacco particolarmente pesante alle 11.00, ma i tedeschi continuarono con attacchi minori. L'artiglieria nemica immobilizzò i paracadutisti.

Gli uomini del 504a trascorsero il giorno e la notte del 17 settembre accovacciati nelle trincee, con proiettili di artiglieria che esplodevano ovunque. Non ebbero né cibo né acqua per più di 36 ore perché le loro scorte erano state svuotate durante il lungo viaggio dal Tempone di San Paolo. Divisi in piccoli gruppi, avevano combattuto duramente e avevano subito pesanti perdite, ma non avevano riconquistato le colline 424 e 315.

I tedeschi non erano pronti a rinunciarvi. Alla fine il nemico cominciò a ritirarsi e il fuoco della sua artiglieria diminuì. Altavilla fu deserta nel tardo pomeriggio del 18, e i carri armati del 191° Battaglione Carri accompagnarono i paracadutisti in città. Al terzo tentativo Altavilla era nostra per sempre.

L'evacuazione tedesca di Altavilla e di quota 424 era stata ritardata il più possibile per proteggere la ritirata generale nemica da Eboli lungo la Strada Statale 91 attraverso Contursi e poi verso nord. Reparti della 45a Divisione a ovest del Sele scoprirono il 17 che le loro pattuglie avevano più libertà d’azione. L'artiglieria nemica continuava però ad essere attiva ed uno schermo di copertura restava ancora ben trincerato sulla vecchia linea tedesca. Nella notte del 17 gli ultimi tedeschi si allontanarono dal fronte immediato della divisione e la mattina del 18 rivelarono veicoli a motore e polvere sulla Highway 91.

Pattuglie della 45a Divisione partirono prontamente verso nord e presto riferirono che il nemico aveva completamente interrotto il contatto. Nel tardo pomeriggio e nella prima notte del 18 la nostra fanteria si spinse verso la Manifattura Tabacchi. Subito dopo mezzanotte la Compagnia K, 157° Fanteria, entrò a Persano. L'avanguardia raggiunse nella notte senza opposizione l'altura tra Battipaglia ed Eboli. La notizia che unità di ricognizione britanniche erano entrate a Battipaglia fece capire chiaramente che il nemico aveva abbandonato l'intera zona.

Tutte le unità della 45a Divisione iniziarono a spostarsi in avanti la mattina del 19, e al calar della notte occuparono le alture che dominavano Eboli, che per tanto tempo era stata il centro delle concentrazioni nemiche. Nello stesso giorno elementi della 36a Divisione si spinsero a est verso Serre e anche verso Ponte Sele. Ogni parte della pianura salernitana era saldamente nelle nostre mani.

Avanzando dalla pianura salernitana fino alla linea del fiume Volturno, il VI Corpo si trovò di fronte alle montagne e ad un nemico abile nella guerra di montagna. Quando i tedeschi, principalmente del 9° Reggimento Panzer Grenadier (16° Divisione Panzer) si ritirarono a nord, usarono le astute tattiche di ritardo che i soldati americani avevano sperimentato nella Sicilia centrale e settentrionale.

Nonostante il terreno che nella penisola era ancora più accidentato e le piogge autunnali che si sarebbero presto rivelate un ulteriore ostacolo. Lo schema dell’azione della retroguardia nemica era chiaro. Sui pendii prescelti, piccoli distaccamenti di retroguardia di fanteria motorizzata piazzavano le loro mitragliatrici; i fucilieri, posizionati più in alto su entrambi i lati, costrinsero le nostre truppe a schierarsi e ad effettuare ampi accerchiamenti lungo i versanti delle montagne.

Pezzi di artiglieria nemici, per lo più semoventi, molto avanzati negli scaglioni, infastidivano le nostre colonne e interdicevano le strade nei punti critici. Le montagne offrivano posizioni eccellenti per questa pratica. Un cannone da 88 mm, ad esempio, posizionato strategicamente a punta scoperta lungo la Highway 91 a nord di Contursi, sparava direttamente su quasi tutta la lunghezza del fondovalle. Apparentemente il pezzo non era mimetizzato, ma la leggera foschia sulle montagne e lo spegnifiamma nascondevano così tanto il cannone che solo un osservatore direttamente in linea con la canna poteva individuarla. Da quattro a cinquecento metri dietro, un carro armato armato con un cannone da 75 mm appoggiava l'88.

Da questa posizione il nemico ci ha causato il massimo ritardo possibile; poi si allontanò e si spostò più indietro lungo la strada. Sia negli accessi alle montagne che nelle montagne stesse c'erano numerosi ponti distrutti e campi minati. I passaggi erano sempre difficili e talvolta impossibili. Di tanto in tanto un distaccamento nemico proteggeva una demolizione; più spesso i ponti distrutti venivano semplicemente lasciati come problemi fastidiosi e dispendiosi in termini di tempo per i nostri ingegneri. Quando il nemico cominciò finalmente a rimanere senza le cariche esplosive, le sostituì con proiettili di artiglieria o le mine. Fino al Volturno le nostre truppe continuavano a sentire il ruggito delle demolizioni tedesche.

La 3d Divisione conquista Acerno, 20-27 settembre

Davanti al VI Corpo c'erano solo due percorsi a nord attraverso le montagne. Uno di questi conduce quasi direttamente a nord da Battipaglia attraverso Acerno; l'altra è una strada che piega a est attraverso Contursi e poi a nord lungo l'alto Sele. Entrambe le strade incontrano la Strada Statale 7, la principale direttrice est-ovest da Avellino a Potenza. Poiché la 36a Divisione aveva sofferto gravi perdite nella difesa della testa di ponte, fu distaccata dal VI Corpo e posta nella riserva dell'esercito per ricostituirsi e riposare.

La 3a Divisione, al comando del Magg. Gen. Lucian K. Truscott, che aveva iniziato lo sbarco il 18 settembre, prese il suo posto e si spostò lungo la rotta occidentale verso la Highway 7 e Avellino; la 45a Divisione avanzò sulla destra lungo la Highway 91.

Verso la mezzanotte del 19 settembre, il plotone di intelligence e ricognizione del 30° fanteria, avanguardia della 3a divisione, si muoveva per le strade ingombre di rovine di Battipaglia. Alle 02.45 del 20, il plotone incontrò un piccolo distaccamento di fanteria nemica nel punto in cui la strada si biforcava a sinistra per Montecorvino Rovella e a destra per Acerno e scacciò il distaccamento. La nostra avanguardia svoltò verso nord-est sulla strada di Acerno; i primi elementi della 3a Divisione erano entrati in montagna.

Sarebbe quasi impossibile trovare un terreno più inadatto alla guerra offensiva. La strada ripida e stretta segue i pendii di montagne aspre come qualsiasi cosa nelle Montagne Rocciose; oscilla così tanto che da ogni curva si può osservare un miglio del suo corso sinuoso. Ci sono passi spazzati dal vento, scogliere che cadono a strapiombo per centinaia di metri verso valli strette e canyon dove il sole penetra solo per un breve periodo durante il giorno. Tutto ciò rende impossibile un rapido progresso. Tuttavia, questo era il nostro percorso.

 

I nostri uomini proseguirono senza opposizione finché giunsero ad una curva inversa 2 miglia a sud-ovest di Acerno. Qui l'Isca della Serra si tuffa da uno stretto canyon e precipita nel Tusciano. La strada attraversa una gola di 60 piedi su un ponte in cemento ad arco singolo, l'unico ponte importante lungo l'intero tratto fino a

Acerno. I tedeschi avevano effettivamente fatto saltare tutto. Inoltre controllavano la curva della strada verso sud col fuoco dei mitraglieri e dei fucilieri piazzati su una collina al di là della valle del Tusciano, che qui è profonda 300 piedi. Il plotone riferì i fatti, stabilì un posto di osservazione e attese il resto del reggimento. Anche il nemico, composto dal 1° Battaglione, 9° Reggimento Panzer Grenadier, aspettava, in una posizione quasi inespugnabile.

Il 3° battaglione, 30° fanteria, al comando del tenente colonnello Edgar C. Doleman, lasciò Battipaglia alle 10:30 del 20 settembre. Raggiunse la sella appena ad ovest del Tusciano alle 19:25 e si fermò per la notte.

All'alba del 21, la Compagnia I riprese l'avanzata lungo la strada, ma il comando tedesco della curva a sud del ponte si rivelò attivo. L'artiglieria nemica dalle posizioni appena a nord di Acerno emetteva occasionalmente fuoco molesto su tratti di strada e colpiva l'area del bivacco del 3° battaglione poco dopo che i nostri uomini l'avevano lasciata.

Per colpire ad Acerno le nostre truppe dovevano evidentemente abbandonare la strada di montagna, lasciando che il 9° e il 41° battaglione di artiglieria campale mettessero fuori combattimento l'artiglieria nemica e facessero fuoco sui movimenti di autocarri e carri armati nemici nelle vicinanze di Acerno.

Gli A-36 dell'Aeronautica effettuarono una missione alle 12.45 lungo la strada a nord di Acerno.

Durante la maggior parte del 21 settembre, il 3° battaglione, 30° fanteria, incontrò una leggera opposizione nemica mentre i suoi uomini si arrampicavano e scivolavano sulle montagne selvagge a ovest della strada. La compagnia I risalì a zigzag il fianco della montagna e si unì alla compagnia L, che si era spostata su un sentiero accidentato che portava a nord dalla sella. Quindi entrambe le compagnie avanzarono verso est attraverso la collina appena sopra il ponte distrutto. Alle 18:00, la Compagnia I in testa aveva raggiunto la parte meridionale della collina 687, a nord-est del ponte.

Nel frattempo si avvicinò il 2° Battaglione, 30° Fanteria. Dalla sella la compagnia G si spinse verso nord lungo il sentiero con la missione di aggirare Acerno e tagliare la via di fuga dei tedeschi a nord del paese. Il resto del battaglione inizialmente progettò di avanzare lungo la strada principale per Acerno, ma l'avanguardia attirò il fuoco dell'artiglieria mentre si avvicinava al ponte distrutto. Fu quindi deciso di rinforzare la compagnia G con il grosso del 2° battaglione. Alla compagnia F, tuttavia, fu ordinato di scendere i ripidi pendii della valle di Tusciano e risalire il lato est di scacciare le forze nemiche che ritardavano in quella zona e poi di colpire Acerno da sud.

Durante la notte queste unità rimasero arroccate sulle montagne. Poco dopo l'alba del 22 settembre, la Compagnia F si trovava sulle alture a est del Tusciano, e il 2° Battaglione teneva la collina 634 a nord-ovest di Acerno. Un plotone della compagnia G si stava dirigendo verso la quota 606, attraverso la valle, sulla strada principale a nord di Acerno. Il 3° battaglione aveva occupato il resto della collina 687.

Dalla sua posizione il 3° Battaglione poteva ora guardare attraverso una valle relativamente dolce verso la piattaforma su cui si trova la città di Acerno. La strada principale raggiunge la piattaforma con una V inversa e poi corre dritta verso est verso la città. L'estremo lembo occidentale della piattaforma, che consente un'eccellente osservazione a nord, ovest e sud, è coronato da un maestoso boschetto di alti castagni. A nord-est del boschetto, un terreno generalmente pianeggiante si estende oltre una chiesa e un cimitero fino al fianco boscoso della montagna dietro Acerno. L'unica via di fuga dei tedeschi correva a nord lungo questa montagna verso la Highway 7.

Mentre il 2° Battaglione tentava di attraversare il profondo vallone a ovest di questa via di fuga, il 3° Battaglione sferrò un attacco al castagneto. Alle 08.00 le compagnie I ed L, con L a sinistra, si mossero contro le mitragliatrici leggere e pesanti nemiche, supportate dai fucilieri; alle 08:42 avevano preso il boschetto in un aspro combattimento con bombe a mano e baionette. Dopo la riorganizzazione, le compagnie si spostarono a nord-est verso il cimitero e la chiesa, ma una batteria nemica da 75 mm a destra dietro la chiesa, insieme al fuoco dei mortai, li costrinse a cedere terreno. Un piccolo contrattacco nemico contro la compagnia L fu respinto alle 10.30. Le nostre truppe attaccarono nuovamente e furono nuovamente respinte dalla combinazione artiglieria-mortai, che teneva aperta la via di fuga all'ultimo fante tedesco nelle vicinanze della città. Il grosso del nemico si era ritirato a metà mattinata, dopo che il castagneto era stato perduto.

Alle 13.00 il nostro attacco ricominciò. Il 2° Battaglione continuò il suo tentativo di attraversare la valle verso la strada principale e il 3° Battaglione colpì Acerno da nord-ovest. I tre battaglioni di artiglieria leggera della divisione si concentrarono su Acerno alle 13.10; nel periodo 12:52-13:25 la nostra artiglieria sparò sulla città complessivamente 1.016 colpi. Sotto questa pressione la restante fanteria tedesca si ritirò con veicoli blindati. Ma il fuoco dei mortai nemici continuò a bloccare il 3° battaglione. Alle 15.25 la Compagnia F a sud e il 3° Battaglione a nord-ovest attaccarono nuovamente e alle 17.00 il 3° Battaglione raggiunse la città.

Dodici prigionieri furono catturati in una posizione anticarro a sud-est e altri venti furono radunati sui pendii a nord. Sebbene la ritirata del nemico non fosse stata interrotta dal 2° Battaglione, non ci furono ulteriori gravi rallentamenti davanti alla 3° Divisione, ed entro il 27 settembre unità della divisione mantennero la Highway 7. In effetti, la battaglia per Acerno fu la più lunga tra tutte le azioni del VI Corpo d'Armata nella zona da Battipaglia al Volturno. Lo schema di tutti gli altri somiglia a quello di Acerno: la fanteria motorizzata e i semoventi nemici erano ben posizionati, vicini alla via di fuga, costringendo le nostre truppe ad un faticoso attraversamento del paese per inserirsi sui fianchi tedeschi.

L'avanzata del VI Corpo, 20-27 settembre

Durante questo stesso periodo la 45a Divisione si spostò lungo la Highway 91. Ad ovest di Oliveto il 180° fanteria si scontrò con il 1° battaglione del 64° reggimento Panzergrenadier, in una posizione che costrinse le nostre truppe a schierarsi ampiamente, ma il 22 settembre il 180° con l'aiuto dei carri armati della compagnia A, 191° battaglione carristi e dal 756° Battaglione carri conquistò la roccaforte nemica.

Il 23 settembre il 179° passò attraverso il 180° e avanzò lungo la sponda occidentale del Sele parallelamente al 157° fanteria sulla sponda orientale. Questi reggimenti incontrarono un nemico più persistente che ritardava l'azione rispetto a quello incontrato dalla 3a Divisione, ma la mattina del 26 la 45a Divisione manteneva saldamente l'incrocio tra le strade 7 e 91.

Il VI Corpo aveva soddisfatto i requisiti di velocità. In 8 giorni la 3a Divisione era avanzata di 28 miglia, misurate lungo la strada da Battipaglia alla Strada Statale 7, anche se le deviazioni in montagna rendevano la distanza effettiva molto maggiore. La 45a Divisione, virando verso est, si era spostata di 34 miglia dalla sua posizione la mattina del 20. Ciascuna divisione aveva allontanato il nemico dalle ottime posizioni e aveva continuato l'avanzata nonostante ogni difficoltà. Spesso l'avanguardia della fanteria si trovava oltre il raggio d'azione dell'artiglieria, lottando per stanare i cannoni sulle strade bloccate e piene di colli di bottiglia.

Le unità della 3a divisione si addentrarono così tanto nelle montagne che potevano essere rifornite solo da carovane di muli portati dalla Sicilia e ad un certo punto anche le carovane di muli dovettero cedere il posto alle carovane umane delle compagnie di riserva.

Il 10° e il 120° Battaglione del Genio, con intraprendenza e resistenza, fecero molto per aiutare l'avanzata del VI Corpo. I genieri hanno spazzato le strade alla ricerca di mine. Gestivano depositi di rifornimento e mantenevano punti d'acqua. Hanno riempito i crateri stradali e mantenuto le superfici percorribili sotto i pesanti carichi imposti dalla rete stradale limitata. Ove possibile hanno costruito nuove strade per aumentare la nostra libertà di azione. Affissero cartelli, allestirono cimiteri e ad Acerno costruirono perfino una pista di atterraggio per gli aerei dell'artiglieria divisionale. Costruirono ponti e tangenziali su quasi ogni miglio delle strade utilizzate dalle due divisioni.

 

Ogni demolizione nemica costava manodopera ai nostri genieri. L'entità del loro compito può essere indicata dal fatto che a 2.200 metri della strada per Acerno, a nord, il nemico fece saltare cinque ponti. Inoltre in montagna non sempre erano possibili aggiramenti. In 2 giorni la Compagnia C, 10° Genio, ricostruì un ponte a sud di Acerno, completando il 23 settembre alle 15.00 una campata a due piani e a due tralicci piegati, lunga 80 piedi, capace di trasportare 18 tonnellate.

Due giorni dopo la compagnia A dello stesso battaglione dovette affrontare un lavoro ancora più difficile. Nel canyon a nord di Acerno i tedeschi fecero saltare non solo un ponte ma anche la parete rocciosa, tanto che per un totale di 100 piedi la strada cessò di esistere. Dopo 2 giorni di lavoro la compagnia ha riaperto la strada alle 19.00 del 26 settembre. Quaranta piedi di esso erano un ponte a carreggiata d'acciaio; il resto era stato tagliato dalla scogliera a strapiombo.

Supportati dal 36° Reggimento genieri (Combattimento) del VI Corpo, i due battaglioni divisionali del Genio rattopparono così le strade dietro la fanteria e mantennero aperte le linee di rifornimento. Dalla notte del 26 in poi il loro lavoro fu reso incommensurabilmente più difficile dalle forti piogge che trasformarono ogni tangenziale in un collo di bottiglia appiccicoso, danneggiarono alcuni ponti temporanei e trascinarono rocce e terra lungo i fianchi delle montagne su tutte le strade. I fanti furono messi in servizio per liberare la strada e il traffico fu ridotto al minimo, ma passò. Tra le demolizioni tedesche e le piogge autunnali l'avanzata del VI Corpo fu innegabilmente ritardata, ma i genieri mantennero quel ritardo in una questione di giorni anziché di settimane.

Avellino, Napoli e il Volturno, 28 settembre-6 ottobre

Mentre il VI Corpo lottava tra le montagne spazzate dalla pioggia, il 10 Corpo si era fatto strada attraverso i passi a sud di Nocera. Il 28 le nostre truppe lungo tutta la linea erano pronte per una rapida corsa in avanti, gli inglesi su Napoli, gli americani sull'importante nodo stradale di Avellino.

I reggimenti della 3a Divisione erano entro il 28 in bilico in un grande arco attorno ad Avellino, con il 133° Regimental Combat Team della 34a Divisione a nord della Highway 7. (Questa divisione, comandata dal Magg. Gen. Charles W. Ryder, aveva iniziato lo sbarco a Paestum il 21 settembre). Le nostre truppe confluirono rapidamente sull'obiettivo e con un improvviso attacco notturno del 29/30 settembre piombammo sulla città prima che le squadre di demolizione nemiche potessero finire il loro lavoro.

Contemporaneamente piombarono su Napoli il 10° Corpo d'armata, guidato dalla 7a Divisione Corazzata. Al calar della notte del 30, unità del 10° Corpo erano su entrambi i lati del Vesuvio; alle 9.30 del 1° ottobre, le Guardie dei Dragoni del Re, al comando del 10° Corpo, entrarono a Napoli senza opposizione. Trovarono una città più terrorizzata che distrutta, anche se il danno era abbastanza grave. Precedenti raid aerei alleati avevano distrutto la maggior parte delle installazioni portuali e i tedeschi completarono la distruzione prima di partire, affondando le navi ai moli e affondando ostacoli nel porto. Il lungomare stesso era un ammasso di macerie pietre e acciaio contorto al fuoco. L'acquedotto principale venne tagliato; tutti i servizi pubblici avevano sospeso l'attività; bombe a orologeria nascoste rendevano ogni giorno pericoloso.

Eppure la Quinta Armata aveva ora un porto che poteva essere rapidamente rimesso in servizio e il rifornimento delle sue unità veniva ora spostato a nord dalle spiagge di Salerno. L'82a Divisione Aviotrasportata entrò a Napoli il 2 ottobre e assunse il controllo della polizia e dei lavori di ricostruzione della città.

L’occupazione della città, però, non bastò. Per difendere il porto di Napoli e gli aeroporti vitali nelle pianure vicine, che necessitavano di una sostanziale barriera naturale. Dovevamo difendere sul fiume Volturno, 20 miglia a nord. Quindi le nostre truppe proseguirono senza indugio. Mentre il 10° Corpo risaliva la pianura campana, il VI Corpo si assicurava i pendii montuosi a nord-est. La 34a e la 45a Divisione avanzarono sul nodo stradale di Benevento. La 45a truppa da ricognizione la raggiunse per prima, alle 12.10 del 2 ottobre.

Alle 23.30 dello stesso giorno il 3° battaglione, 133° di fanteria, entrò in città e proseguì per mantenere una testa di ponte oltre il fiume. La 3a Divisione avanzò nella massa montuosa sopra Caserta e il 6 ottobre le nostre truppe dominavano ovunque la sponda meridionale del Volturno. Ora Napoli era al sicuro e l'obiettivo principale dello sbarco salernitano era stato raggiunto, 27 giorni dopo il D Day sulle spiagge di Paestum.

 

Fonte dati: Centro di Storia Militare dell’Esercito Americano

sito web ufficiale dell'esercito americano e del comando di addestramento e dottrina dell'esercito degli Stati Uniti



Associazione della Terza Divisione di Fanteria US Army

Avamposto nr. 16 - Italia