Sezione 16, dedicata a Floyd K. Lindstrom, Medal of Honor
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martedì 24 ottobre 2023
80° anniversario della liberazione di Alvignano
Ci saluta il più vecchio Dogface Soldiers della 3ID
Abbiamo appreso questa sera che
il piu vecchio "Dogface Soldiers" della Terza Divisione di Fanteria
US Army; Silver Star e destinatario della Marne Hall of Fame, ci ha lasciati
salendo in cielo tra gli eroi di questa grande famiglia. Ha chiuso gli occhi e
tranquillamente, nel sonno, la scorsa notte a Denver, CO. Harold ha spento
quella luce e quella grinta che contagiava tutti. Mancava poco al suo 109esimo
compleanno. Tutta l'associazione Italiana lo ricorda con tutti gli onori.
Hi Harold, thank you for your
service
Rock of the Marne!
Noi qui in Italia non abbiamo mai
avuto il piacere di conoscerti ma abbiamo letto di te, visto il tuo volto,
sentito la tua energia che trasmettevi.
Ma un giorno di ottanta anni fa,
tu eri qui, eri in Italia.
Avevi preso una nave con il tuo
sacco verde oliva ed avevi guardato il sole nascere sull'oceano sapendo che
dietro a quell'alba c'era un continente in pericolo, l'Europa, e tanti uomini
donne e bambini a cui era stato tolto il sogno della libertà.
Hai trascorso alcuni anni nel
pericolo costante e sei tornato a casa avendo compiuto la tua missione.
Noi che siamo i nipoti di quelle
persone in pericolo, nati dai figli avuti dopo la guerra, siamo e saremo sempre
in debito di riconoscenza nei tuoi confronti.
E' stato così grande il tuo gesto
e quello di tanti eroi come Te che per salutarti abbiamo pensato di regalarti
le parole di un grande scrittore, Shakespeare.
Lo scrittore ci racconta che la
dimensione eroica è un tratto caratterizzante dell’uomo. Di cosa l’uomo ha
davvero bisogno? Di avvertire la pancia piena o piuttosto di sentirsi dentro
una dimensione più grande, che è quella di offrirsi totalmente per una causa?
Enrico V lo dice chiaramente: coloro i quali sono rimasti nel proprio letto e
nelle proprie comodità senza rischiare la vita non sono dei privilegiati. I
privilegiati sono loro che hanno la possibilità di scolpire i loro nomi nella
perennità della memoria. Coloro i quali oggi si sentono dei privilegiati, o si
crede che lo siano, un giorno rimpiangeranno di non essere lì tra loro. Di non
essere lì al freddo, di non essere lì a rischiare la vita, di non essere lì a
combattere perché si realizzi un ideale.
Per questo ti dedichiamo i versi
del grande scrittore, pensati per gli eroi di San Crispino e noi li regaliamo a
Te, eroe delle battaglie nella guerra di liberazione in Europa.
“Ogni brav’uomo racconterà al
figlio, e il giorno di Crispino e Crispiano non passerà mai, da quest’oggi,
fino alla fine del mondo, senza che noi in esso non saremo menzionati; noi
pochi. Noi felici, pochi. Noi manipolo di fratelli: poiché chi oggi verserà il
suo sangue con me sarà mio fratello, e per quanto umile la sua condizione, sarà
da questo giorno elevata, e tanti gentiluomini ora a letto in patria si
sentiranno maledetti per non essersi trovati oggi qui, e menomati nella loro
virilità sentendo parlare chi ha combattuto con noi questo giorno di San
Crispino!».
Ciao Harold
Avamposto 16 Italia
We here in Italy never had the
pleasure of meeting you but we read about you, saw your face, felt your energy
that you transmitted.
But one day eighty years ago, you
were here, you were in Italy.
You had taken a ship with your
olive green sack and you had watched the sun rise over the ocean knowing that
behind that sunrise was a continent in danger, Europe and so many men women and
children whose dreams of freedom had been taken away.
You spent a few years in constant
danger and returned home having accomplished your mission.
We who are the grandchildren of
those endangered people, born of the children you had after the war, are and
will always be indebted to you in gratitude.
So great was your deed and that
of so many heroes like You that to say goodbye we thought of giving you the
words of a great writer, Shakespeare.
The writer tells us the heroic
dimension is a defining trait of man. What does man really need? To feel a full
belly or rather to feel inside a greater dimension, which is to offer oneself
totally for a cause? Henry V says it clearly: those who have remained in their
own beds and comforts without risking their lives are not privileged.
The privileged are they who have
the opportunity to carve their names into the perenniality of memory. Those who
feel privileged today, or are believed to be privileged, will one day regret
not being there among them. Of not being there in the cold, of not being there
to risk their lives, of not being there to fight for an ideal to be realized.
That is why we dedicate to you
the verses of the great writer, designed for the heroes of St. Crispin, and we
give them to You, hero of the battles in the war of liberation in Europe.
"Every good man will tell
his son, and the day of Crispin and Crispian will never pass, from this day,
until the end of the world, without us in it being mentioned; we few. We happy
few. We handful of brothers: for he who sheds his blood with me today will be
my brother, and however humble his condition, it will be from this day
elevated, and so many gentlemen now bedded in their homeland will feel cursed
for not being here today, and maimed in their manhood by hearing those who
fought with us speak this St. Crispin's Day!"
Hi Harold
Op 16 Italy
lunedì 16 ottobre 2023
80° Anniversario della liberazione di Alvignano
Sarà presente una rappresentanza militare dell'US Army con il colour guard.
domenica 15 ottobre 2023
80° Anniversario dell'operazione Shingle, lo sbarco di Anzio Nettuno
L'organizzazione è al lavoro per le celebrazioni di gennaio.
Anche per il 2024 è prevista la nostra presenza con inviti di alte cariche militari dell'USArmy e US Navy.
Saremo presenti con molte delle nostre mostre, due delle quali esposte per la prima volta.
Vi aggiorneremo nel corso di questi ultimi mesi che ci separano da questo evento.
Rock of The Marne!
giovedì 12 ottobre 2023
Premio Letterario Monte Carmignano per l'Europa.
Per coloro che non conoscono quanto è accaduto a Caiazzo, vi riportiamo quanto indicato sul portale del Comune di Caiazzo:
https://www.comunedicaiazzo.it/eccidio-monte-carmignano-3
Dal Volume « Caiazzo non perdona il Boia Nazista. La strage
dimenticata, 13 ottobre 1943 »
di Antimo Della Valle, Edizioni Spartaco.
Stoneman informò il Servizio segreto militare americano dell’accaduto e cominciò a raccogliere elementi in grado di identificare il reparto di appartenenza delle truppe tedesche. Alcuni giorni dopo, l’esercito americano catturò un gruppo di militari tedeschi della terza compagnia del 29° Panzer Grenadier Regiment, tra i quali il responsabile della strage: Wolfgang Lehnigk-Emden, sottotenente di 21 anni. Condotto nel campo di prigionia di Aversa, l’ufficiale della Wehrmacht confessò di aver comandato la spedizione sul Monte Carmignano e di aver ordinato ai suoi soldati di uccidere i civili. Emden fu condotto ad Algeri in un campo di prigionia americano per comparire dinanzi ad una Commissione d’inchiesta, ma nell’agosto del 1945, in circostanze mai chiarite, riuscì a ritornare in Germania. In Italia nessuno conosceva il nome del responsabile della strage e i particolari dell’inchiesta, condotta dal Servizio segreto militare, poiché il Comando della Quinta Armata aveva comunicato di non «trasmettere i risultati alla stampa» per evitare rappresaglie nei confronti dei soldati americani. Ma Stoneman conosceva perfettamente i risultati dell’inchiesta, e quando fu nominato assistente per i crimini di guerra del Segretario Generale delle Nazioni Unite, inserì il nome di Emden nella lista dei criminali di guerra. L’inviato di guerra americano sollecitò il Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti per consentire la cattura del responsabile della terribile strage, inviando parte della documentazione raccolta dalla commissione d’inchiesta americana. Dopo una indagine interna, gli americani compresero di non essere in grado di individuare il prigioniero di guerra che nel frattempo era riuscito a rientrare in Germania. Nel luglio del 1946, il Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti inviò il dossier sulla strage al Governo italiano, evitando ogni coinvolgimento delle autorità americane responsabili di non aver consegnato il criminale alla giustizia italiana.
Così Stoneman si rivolse direttamente elle autorità italiane: il 10 marzo 1949, scrisse al ministro degli Esteri Carlo Sforza, per informarlo che un criminale di guerra, responsabile dell’eccidio di Caiazzo, era stato rimpatriato e non consegnato alla magistratura italiana. «Caro Conte Sforza, ricorro alla nostra conoscenza nei giorni difficili del 1943 e del 1944 – scrive Stoneman – per chiedere il vostro aiuto per scoprire se e cosa è stato fatto per punire e arrestare il tenente Wolfgang Lehnihk-Emden, quel giovane bruto tedesco che fu responsabile dell’uccisione di oltre venti civili italiani a Caiazzo».
Il Ministero degli Affari Esteri, dopo aver attivato una procedura per verificare i fatti e trasmesso i documenti alla procura generale militare, decise di non rintracciare il responsabile « in considerazione della fase delicata che attraversano le trattative attualmente in corso con le Autorità Sovietiche per la nota relativa ai presunti criminali di guerra detenuti in Italia e richiesti dal Governo dell’Urss». Il Ministero degli Esteri e la Procura Generale mostrarono una grande preoccupazione per le sorti dei criminali italiani richiesti dal governo dell’Urss e, per non compromettere le trattative in corso con le autorità sovietiche, decisero di non avviare il procedimento penale a carico di Emden. Il fascicolo fu archiviato in un armadio presso il Tribunale Supremo Militare di Roma e sulla strage di Caiazzo si alzò una coltre di silenzio e indifferenza.
Alla fine degli anni Ottanta, un italoamericano appassionato di storia, Joseph Agnone, mentre studiava la guerra sul Volturno, scoprì casualmente a Washington il dossier sulla strage di Caiazzo e inviò il carteggio alla magistratura italiana. Nel gennaio del 1991 la procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere avviò un procedimento penale a carico dei responsabili dell’eccidio di Caiazzo. Contemporaneamente anche in Germania fu avviata un’inchiesta che condusse all’arresto dell’ex ufficiale tedesco. Il sostituto procuratore Paolo Albano, che avviò l’istruttoria a carico dell’ex ufficiale tedesco, interrogò l’imputato nel carcere di Coblenza. «Mi trovai di fronte un uomo anziano, all’epoca aveva 70 anni, ma ancora forte ed energico – scrive il magistrato nel Diario di un pubblico ministero zoppicava leggermente poiché era rimasto claudicante per effetto di una ferita di guerra. Affrontò l’interrogatorio con atteggiamento glaciale, non vi fu un solo attimo in cui quest’uomo si sia commosso o abbia tradito un attimo di emozione: appariva impassibile. Mi colpì moltissimo la sua freddezza nel ricordare gli avvenimenti di quelle sera di quasi 50 anni prima […] Non mostrava nessun dispiacere, nessun tipo di pentimento».
Il 18 gennaio 1994 il Tribunale Superiore di Coblenza, sulla base di una sentenza della Corte di Cassazione del 1969, annullò il procedimento penale a carico di Lehnigk-Emden in quanto il reato era caduto in prescrizione. Non solo. Le autorità tedesche non concessero l’estradizione impedendo alla magistrature italiane di trasferire in Italia l’ex ufficiale della Wehrmacht.
Nonostante tutte le difficoltà, la Corte di Assise di Santa
Maria Capua Vetere presieduta dal procuratore di Cassino, Gianfranco Izzo, il
25 ottobre 1994 condannò all’ergastolo, in contumacia, l’ex tenente della
Wehrmacht, Wolfgang Lehnigk-Emden e l’ex serpente Kurt Schuster. «La
valutazione complessiva degli elementi acquisiti al processo» – si legge nella
motivazione della sentenza «consente di individuare con certezza nell’imputato
Lehnigk-Emden il promotore dell’azione delittuosa, ossia come colui che la
ideò, ne assunse l’iniziativa e l’attuò in concorso con altri militari
offertisi corne volontari». Ancora. «Questa Corte ritiene», scrive il giudice a
latere Rosa Maria Caturano, «di poter legittimamente affermare che la condotta
criminosa di Emden e Schuster fu tale da costituire un’ignominia indelebile per
lo stesso esercito cui essi appartenevano».
Quel 13 ottobre 1943…
di Guido Ambrosino da "il Manifesto" del 9
febbraio 1994.
I dizionari dicono di Caiazzo che sorge “in amena posizione, sulle pendici di un colle che degrada verso il Volturno, a 23 km da Caserta. Il 13 ottobre 1943 i quattromila abitanti del paese si trovarono sulla linea del fronte.
Da Napoli avanzava la quinta armata americana. Sul monte
Carmignano si era asserragliata la terza compagnia del 29esimo reggimento dei
Panzergrenadier. Tra loro c’era il tenente Wolfgang Lehnig-Enden, nato il 10
dicembre 1922 a Calau, vicino Cottbus. E rimasta una foto del tenente allora
ventenne: un viso liscio da ragazzino, occhialetti di tartaruga. Dalle
testimonianze dei subordinati sappiamo che non lo stimavano. Lo studente
puntellava la sua vacillante autorità esibendo fanatismo. La compagnia si
sentiva in terra nemica. L’8 settembre, 5 settimane prima, l’Italia aveva firmato
l’armistizio con gli alleati. La popolazione civile veniva considerata un
potenziale avversario, ed il 29esimo reggimento dei granatieri corrazzati si
comportava di conseguenza.
Nel diario del reggimento, alla data 16 settembre 1943, si
legge che la ritirata procede secondo i piani e si aggiunge: “Fucilati diversi
civili per intimidire la popolazione. La sera del 13 ottobre 1943 il tenente
Lehnigk-Emden era particolarmente nervoso. Proprio quel giorno il governo
Badoglio aveva dichiarato guerra alla Germania, e gli americani incalzavano:
nella notte tra il 13 e il 14 i tedeschi lasciarono le posizioni sul monte
Carmignano. Poche ore prima della ritirata, il massacro. L’ufficiale crede di
vedere segnali luminosi da una vicina masseria. Un riflesso su un vetro che
sbatte? L’ondeggiare di un lume?
Lehnigk-Emden non ha dubbi: per lui quelli sono segnali
rivolti agli americani.
Che la quinta armata avesse avuto il tempo di costruire una
rete di informatori tra i contadini di Caiazzo é quanto mai inverosimile, tanto
più in quei giorni di movimento del fronte. Del resto il casolare non poteva
essere visto dalle posizioni americane.
Lehnigk-Emden, che sospetta dappertutto « traditori »,
irrompe nella casa con un paio di soldati e vi trova 22 persone: le famiglie
Perrone, D’Agostino, Palumbo e Massadoro. I quattro capi famiglia vengono
trascinati via come « partigiani » e portati al comando di compagnia, duecento
metri più in alto. Lehnigk-Emden guida l’esecuzione e ammazza anche unragazzo
di 14 anni e 2 donne, che si erano aggrappate i loro uomini e li avevano
seguiti.
La scena si imprime nella memoria del granatiere Wilhelm May
che, fatto prigioniero dagli americani il 4 novembre con 34 uomini della terza
compagnia, racconta il massacro. La sua deposizione, raccolta ad Aversa il 5
novembre 1943, è confermata dal soldato Lella (o Leila), dai caporali Zikorski
(o Sikorski: la grafia dei nomi oscilla) e Ligmanovski, dal sottufficiale
Richter. Secondo Wilhe May il tenente
dice: laggiù ce ne sono molti altri ancora, dobbiamo fucilarli tutti.
Lehnigk-Emden, accompagnato dai sottufficiali Kurt Schuster e Hans Gnass che lo
avevano aiutato nella prima carneficina, torna alla prima masseria dove sono
rimaste 15 persone : 10 bambini e bambine, la più piccola di 3 anni e, 5 donne
e ragazze, la più giovane sedicenne.
I soldati gettano granate dentro casa, dalle finestre. Chi
fugge all’aperto viene falciato dai mitra, o massacrato con le baionette e i
calci dei fucili. Il granatiere Wilhelm May, nella sua dichiarazione agli americani
aggiunge « Io ed un moi compagno ci dicemmo che avremmo dovuto ammazzare
Lehnigk-Emden, perché quel che aveva fatto era una vergogna per l’esercito
tedesco. I verbali sono redatti da Hans Habe, giornalista di origine austriaca
rifugiatosi negli Usa e tornato in Europa con l’uniforme dell’Us Army. Habe
interroga anche Lehnigk-Emden, che in un primo tempo ammette solo la
fucilazione di quattro uomini, e mente sostenendo di aver avuto l’ordine di
fucilarli dal comandante di compagnia Draschke (secondo gli altri prigionieri,
a Lehnigk-Emden che sollecitava una rappresaglia Draschke rispose, « non voglio
assumermi questa responsabilità », e subito dopo si allontanò per prendere
contatto col comando del battaglione.
L’8 novembre Lehnigk-Emden confessa che anche delle donne
erano state uccise, ma cerca di giustificarne la morte sostenendo che si erano
gettate davanti agli uomini, sulla linea di fuoco. Lehnigk-Emden, trasferitosi
in un campo di prigionia in Algeria, viene nuovamente interrogato insieme agli
altri testimoni da una commissione d’inchiesta. Riesce a fuggire, anche se con
una ferita alla gamba, lo ritrovano gli inglesi, ed una loro nave ospedale lo
riporta in Europa.
A Goettingen lo rilasciano per errore. Nei suoi confronti
pende già un mandato di cattura, ma un soldato americano ha commesso uno
sbaglio nel trascrivere il nome. Invece di Wolfgang Lehnigk-Emden sul documento
si legge Wolfgang Lemick. Questa inesattezza gli consente di dileguarsi. Nessuno conosce un Lemick. Col suo vero nome
l’ex tenente si sposa nel 1950 e si trasferisce a Ochtendung, un paese di 4500
abitanti vicino Coblenza. Lavora con un certo successo come architetto e siede
nel consiglio comunale (sin dal 1946 si è iscritto alla SPD). Dal 1966 presiede
l’associazione che organizza il carnevale a Ochtendung.
Al processo si è arrivati grazie alle ricerche di Giuseppe
Agnone, nato in un paese vicino Caiazzo ed emigrato negli Usa nel 1956 e di
documenti trovati a Caiazzo dallo storico Giuseppe Capobianco. Negli archivi
Usa Agnone trovò i verbali completi degli interrogatori di Aversa e di quelli
effettuati in Algeria. Gli atti, classificati come “riservati” (confidenziali)
erano stati nel frattempo resi accessibili. II nome del responsabile vi era
scritto correttamente. Agnone consegnò le copie alla procura di Santa Maria
Capua Vetere. L’Interpol si mosse. Il 15 ottobre 1992 Wolfgang Lehnigk-Emden
venne arrestato. Ora, dal 18 gennaio del 1994, è di nuovo libero.
giovedì 28 settembre 2023
ARTIGLIERIA ANTIAEREA DELLA QUINTA ARMATA DA SALERNO A FIRENZE
Proseguiamo con la ricerca di personaggi meno conosciuti della campagna in Italia da parte dell'US Army, parlando del generale di brigata Aaron Bradshaw, Jr., comandante della contraerea. Dal suo racconto di fine guerra, trovato in una libreria negli Stati Uniti, tanti piccoli particolari accaduti dallo sbarco di Salerno fino a Firenze. La storia dei combattimenti vista con gli occhi che guardano verso il cielo.
Racconto da leggere fino alla fine per poi vedere le foto, molte inedite.
Buona lettura.
ARTIGLIERIA ANTIAEREA DELLA QUINTA ARMATA
DA SALERNO A FIRENZE
9 settembre 1943 - 8 settembre 1944
Artiglieria antiaerea
Preparato dal Comando Sezione Artiglieria
Antiaerea della Quinta Armata
Passato per la pubblicazione da Censura della
stampa sul campo
QUARTIERE GENERALE QUINTA ARMATA
Agli Ufficiali e
agli Uomini dei Reparti di Artiglieria Antiaerea della Quinta Armata:
Avete fatto la
storia in più di un modo. Facevate parte di quelle coraggiose truppe alleate di
tutti i rami che si fecero strada lungo la penisola italiana per conquistare
Roma da sud, un compito che il potente Annibale non riuscì a portare a termine.
Insieme all'aeronautica alleata, avete impedito alla Luftwaffe di annientare la
valorosa forza di Anzio. Ovunque in Italia avete fermato costantemente
l’aeronautica tedesca ogni volta che se ne presentava l’occasione. Avete agito
in ruoli nuovi e responsabilmente, portando a termine la vostra missione ogni
volta con distinzione. Avete guadagnato l'ammirazione e il rispetto di tutte le
truppe alleate. In breve, avete dimostrato, e brillantemente, il grande valore
dell’artiglieria antiaerea. Sono orgoglioso dei vostri risultati. Anche voi
dovreste essere orgogliosi di questo. Il vostro Paese vi è grato.
Questo è il vostro
libro, il vostro resoconto della storia che avete fatto.
Generale di
brigata, Stati Uniti
Comandante della
contraerea.
Aaron Bradshaw,
Jr.
introduzione
Nel solo anno
trascorso dallo sbarco della Quinta Armata a Salerno, il 9 settembre 1943, fino
ad oggi, le penne sono state strappate una ad una dalle ali della fiera
Luftwaffe; la cui potenza d'urto è notevolmente indebolita, sembra praticamente
sradicata. A questa grande vittoria parteciparono in misura importante le unità
di artiglieria antiaerea della Quinta Armata, che avanzarono lentamente, si
spinsero e infine risalirono la penisola italiana con la fanteria, i mezzi
corazzati e l'artiglieria da campo. Il loro compito era quello di fermare
quegli elementi dell'aeronautica tedesca che penetravano nelle nostre difese
aeree e venivano a bombardare e mitragliare le nostre truppe e installazioni.
Lo hanno fatto così bene, insieme alla nostra forza aerea, che almeno per il
momento sembra che siamo letteralmente liberati della loro presenza. Oggi, di
conseguenza, molte unità antiaeree si stanno preparando per una serie di nuovi
incarichi come fanteria, polizia militare, società di autotrasporto, genio e
artiglieria da campo, in cui, se chiamati, possono servire la Quinta Armata con
la stessa completezza ed eccellenza del loro ruolo precedente. Finché la
Luftwaffe continuerà a rappresentare una minaccia, tuttavia, un numero
sufficiente di unità AAA per affrontarla continueranno i loro ruoli normali.
Altri, se utilizzati per altri compiti durante periodi di relativa inattività,
continueranno a tenere le armi a portata di mano e pronti per un immediato
ritorno in battaglia nel caso in cui la Luftwaffe mostrasse segni di ripresa.
Per celebrare il
primo anniversario del Salerno Day e per ricordare i successi dell'anno, questo
breve resoconto delle attività antiaeree è stato preparato per gli ufficiali e
i soldati semplici che possono guardare indietro con soddisfazione ad un
compito superbamente svolto.
Salerno
Dalle spiagge di
Salerno, nella difesa di Napoli, nella traversata del Volturno e del Rapido
fino ad Anzio, la contraerea della Quinta Armata ebbe la meglio
sull'aeronautica tedesca. L'accento è stato posto non solo sull'impegno
primario, quello di combattere attivamente e aggressivamente gli aerei nemici,
ma anche sul suo valore in termini di sostegno generale. Sbarcando a Salerno,
le unità di fanteria, che entrarono con le prime ondate d'assalto, scovarono e
ingaggiarono carri armati, fanteria e artiglieria tedeschi, nonché aerei da incursione.
La mattina presto del 9 settembre, un battaglione di fanteria con solo 7
cannoni a terra e pronto per gli aerei nemici si trovò in una mischia generale
di carri armati e fanteria nemici. Due carri armati furono messi fuori
combattimento da proiettili perforanti da 40 millimetri. Mentre altri cannoni
venivano sbarcati e in posizioni frettolose, il battaglione riversò il fuoco
sugli edifici, liberandoli dai cecchini nemici. Le postazioni di mortai e
mitragliatrici nemiche furono eliminate. Si verificò uno scontro unico tra un
singolo cannone da 40 millimetri e un pezzo tedesco da 88 millimetri a una
distanza di 1.350 iarde. Il cannone da 40 millimetri ingaggiava il bersaglio
con un fuoco automatico da 75 colpi. L'equipaggio nemico abbandonò la sua arma.
Il grande compito a Salerno, tuttavia, fu quello principale di respingere i
selvaggi e ripetuti attacchi aerei diretti alle truppe e ai rifornimenti
ammassati nella piccola area della testa di ponte, alle navi e alle piccole
imbarcazioni che facevano la spola da e verso le spiagge. Questi attacchi
continuarono ad intervalli frequenti giorno e notte per i primi 7 giorni.
Hanno fallito
completamente nel loro obiettivo principale: distruggere truppe e rifornimenti
sulle spiagge e fermare il flusso di rinforzi e rifornimenti di vitale
importanza. Tutte le volte le unità antiaeree ingaggiarono questi aerei, ne
distrussero alcuni, ne danneggiarono molti e ne allontanarono altri dall'area.
Coloro che penetrarono le difese, nel tentativo di sfuggire alla distruzione,
non furono in grado di bombardare con precisione.
Avanzata e presa di
Napoli
Sconfitto il nemico
nella battaglia per le spiagge, l'Esercito iniziò la lotta estenuante e
implacabile lungo la penisola italiana. La contraerea leggera e pesante era impegnata
nella protezione degli attraversamenti fluviali, dei ponti, delle linee di
comunicazione, dell'artiglieria da campo, della fanteria, dei depositi di
rifornimenti, dei porti e di altre installazioni vitali. La nostra cattura e
l'utilizzo del porto di Napoli hanno portato la forza tedesca di bombardieri a
lungo raggio dal Nord Italia nel tentativo di ostacolare i lavori di ripristino
del porto e, successivamente, nel tentativo di distruggere le navi.
Voli di 25-30
Junkers 88 colpirono frequentemente in determinati attacchi notturni. I nostri
danni furono lievi, il costo per la Luftwaffe pesante. L'artiglieria contraerea
era presente al primo attacco e ad ogni successivo i nazisti trovarono le
difese ampliate e rafforzate. Non riuscendo a interferire materialmente con
l'uso del porto e incapace di fermare la costante avanzata verso nord, il
nemico rivolse presto la sua attenzione alle truppe avanzate e le incursioni su
Napoli divennero rare.
Il Volturno
Con
l'attraversamento del Volturno l'aeronautica tedesca colpì con maggiore
determinazione i ponti e le artiglierie. Voli composti da 25-40 aerei, con i
piloti che mostravano notevolmente più abilità e audacia, attaccarono con ampie
spazzate lungo il fiume. Qui l'esperienza di Salerno e Napoli comincia a
raccontare. In uno straordinario scontro il 15 ottobre, 34 aerei nemici
attaccarono l'artiglieria della 3ª divisione. Uscendo dal sole, 20 Focke-Wulf
190 si tuffarono all'attacco. Sette aerei sono stati distrutti dalle fiamme. I
14 rimasti in alto non attaccarono. Altri quattro furono distrutti lo stesso
giorno quando 30 aerei attaccarono la fanteria avanzata. Le truppe e i
rifornimenti scorrevano ancora sui ponti e la Luftwaffe non era riuscita a
interrompere l'avanzata.
Cassino - Minturno
- Il Rapido
La contraerea
scavava fianco a fianco con la fanteria e l'artiglieria da campo nel fango e
nella neve della stagione amara prima della linea invernale tedesca. Con il
nemico saldamente radicato nella solidità della Linea Gustav, al II Corpo fu affidata
la missione di stabilire una testa di ponte sul fiume Rapido. Un reggimento del
genio aveva il compito di costruire inizialmente tre ponti su questo fiume. Su
queste sarebbero passati i carri armati per sfruttare l'attacco della fanteria.
Ci si aspettava che la reazione aerea nemica fosse brusca, con decisi tentativi
di bombardamento in picchiata per distruggere i ponti e mitragliare le aree di
raccolta delle truppe di fanteria. La missione dell'artiglieria antiaerea era
una missione di supporto ravvicinato, per avvicinarsi agli ingegneri e
difendere i ponti e il flusso di rinforzi e rifornimenti di truppe dopo che la
fanteria aveva stabilito le teste di ponte.
Alle 20:00 del 20
gennaio la fanteria saltò giù, incontrando un'immediata e pesante opposizione
nemica. Alle 24:00 il personale e le attrezzature del genio e della contraerea
si sono spostati, come da programma, verso il fiume. L'intenso fuoco nemico di
armi leggere, mortai e artiglieria, che aveva causato pesanti perdite e
impedito la creazione di una soddisfacente testa di ponte da parte della
fanteria, cadeva ancora sugli approcci alle aree di attraversamento. Le strade
bloccate dalle vittime e dalle attrezzature distrutte hanno impedito
l'occupazione da parte di alcuni cannoni antiaerei delle loro posizioni
precedentemente ricognite. Tuttavia, tutti i cannoni che erano in grado di
raggiungere posizioni soddisfacenti si mossero e i loro equipaggi, nonostante
il forte fuoco, prepararono e occuparono le posizioni prima dell'alba. Altri
cannoni, temporaneamente impossibilitati a raggiungere le posizioni, sono stati
trattenuti in aree di raccolta a breve distanza nella parte posteriore da cui
gli equipaggi, sotto il fuoco, procedevano a piedi per preparare le loro
posizioni. La luce del giorno trovò 21 dei 32 cannoni in posizioni trincerate,
pronti a sparare, un'impresa che, nelle condizioni incontrate, attestava
l'eccezionale disciplina, coraggio, addestramento e determinazione degli
ufficiali e degli uomini coinvolti. Le armi rimanenti occuparono le posizioni
il giorno successivo.
Tutte le unità si
ritirarono la notte del 22 gennaio quando l'operazione fu abbandonata. Degna di
nota durante l'operazione fu la mattina del 21 gennaio, quando le truppe di
fanteria davanti alle postazioni antiaeree nel settore centrale, a causa delle
gravi perdite, si ritirarono. Il personale antiaereo, mantenendo le proprie
posizioni, ha assicurato la propria difesa terrestre fino al pomeriggio dello
stesso giorno.
Al 31 dicembre,
l'aeronautica tedesca aveva effettuato 398 attacchi, 305 dei quali contro
l'area avanzata. Il fuoco antiaereo ha distrutto 119 aerei; altri 86 furono
probabilmente distrutti. Di questi, 82 aerei furono distrutti attaccando le
truppe avanzate.
Nel frattempo, con
il tempo inclemente e la mancanza di azione aerea nemica, gli equipaggi dei 90
millimetri, colpiti dall'artiglieria nemica, furono autorizzati a rispondere al
fuoco, una missione che eseguirono con entusiasmo con un netto miglioramento
del loro morale. Ben presto dimostrarono la loro capacità di colpire e
distruggere bersagli terrestri e l'artiglieria da campo acquisì una preziosa
arma di supporto, le cui capacità furono sfruttate sempre di più man mano che
la campagna procedeva. Degna di nota durante la metà di dicembre fu la tecnica
sviluppata di bombardare la contraerea nemica con i nostri 90mm ogni volta che
i nostri aerei attaccavano. Il bombardamento ebbe un grande successo, costrinse
le batterie antiaerea tedesche al silenzio o alla ritirata e suscitò i
ringraziamenti e l'apprezzamento del nostro Corpo aereo.
Anzio
Mentre il nostro
attacco veniva respinto al Rapido, altre truppe sbarcavano nelle retrovie
tedesche ad Anzio. Lì il duello tra la contraerea alleata e l'aeronautica
tedesca raggiunse il culmine. L'obiettivo era vitale, piccolo e concentrato,
facilmente raggiungibile dai campi di caccia e bombardieri nemici. Gli attacchi
aerei contro le forze d'invasione iniziarono rapidamente e continuarono mentre
il nemico portava freneticamente le truppe nell'area minacciata.
Il nemico era
determinato a distruggere le nostre forze con pesanti bombardamenti o a
gettarci in mare. Per la prima volta nella campagna d'Italia, appoggiò
pesantemente i suoi attacchi di terra dall'alto. La sua forza di bombardieri
nel nord Italia e nel sud della Francia, colpì con le missioni di distruggere
il porto di Anzio e le sue navi e di colpire da un'estremità all'altra la testa
di ponte.
La ferrea
determinazione dei tedeschi fu dimostrata il 29 gennaio, 7 giorni dopo lo
sbarco, quando 60 aerei - Junkers 88, Dornier 217 e Heinkel 177 - scesero per
distruggere le navi nel porto di Anzio. Il fuoco dei nostri cannoni da 90
millimetri colpì la formazione in alto mare, costrinse gli aerei a colpire in
singoli attacchi modesti e riuscì a distruggere 5 aerei. Interrompendo il piano
di attacco di massa, la contraerea salvò le navi vitali e i depositi di
munizioni.
Quella notte,
quando fu preso il punteggio, l'aeronautica tedesca aveva fatto irruzione sulla
testa di ponte 53 volte. L'antiaerea aveva colpito 38 aerei, di cui 10
probabilmente distrutti.
La forza d'attacco
più forte e coerente mai vista nel teatro italiano, tuttavia, fu radunata dai
nazisti il 15 febbraio, il giorno prima dell'offensiva tedesca su vasta scala.
Per 7 giorni consecutivi, l'aeronautica tedesca, tentando ogni trucco
conosciuto e utilizzando di tutto, dai caccia ai bombardieri pesanti, colpì
ripetutamente il porto di Anzio.
In quei 7 giorni, i
nazisti persero 25 aerei, che furono visti schiantarsi e bruciare, e altri 23,
che furono elencati come probabilmente distrutti.
Così, nel periodo
dal 22 gennaio al 22 febbraio, abbiamo distrutto 68 aerei, che sono stati visti
schiantarsi. I danni al nostro materiale e al nostro personale sono stati
lievi. I rifornimenti sono stati comunque scaricati senza problemi.
I rifornimenti si
riversarono nel porto e sulle spiagge a migliaia di tonnellate.
Dopo che 178
incursioni si sono svolte con determinazione, il ritmo dell'attività aerea
nemica ha oscillato. Seguirono incursioni secondo schemi definiti, ma ogni tentativo
fu distrutto. Durante i raid mattutini, il 30% della forza che attaccava le
navi fu distrutto. Uno scontro pomeridiano il 29 marzo si rivelò disastroso per
i nazisti quando 8 dei 20 aerei che si tuffarono nel porto dal sole furono
distrutti e gli altri si dispersero e fuggirono, alcuni con le bombe ancora a
bordo.
Fallendo con questi
metodi di attacco, i tedeschi, prendendo spunto dal nostro libro, cercarono di
neutralizzare la nostra contraerea bombardando le pesanti batterie di cannoni
antiaerei durante i loro raid aerei. La nostra artiglieria campale ha dato una
risposta immediata con la controbatteria su chiamata dell'antiaerea coordinata e decisamente efficace. Ancora una
volta il nemico dovette respingere un tentativo fallito.
Circa il 75% di
tutti gli attacchi aerei sono avvenuti di notte e le nuove tecniche hanno reso
il nostro fuoco su obiettivi invisibili estremamente preciso. Non si trattava
del vecchio e familiare fuoco di sbarramento che il nemico aveva incontrato
così spesso in passato, ma di un fuoco così efficientemente coordinato che
singoli aerei tedeschi ne rimanevano colpiti anche quando attaccavano
simultaneamente da diverse direzioni e altitudini.
Il numero di aerei
distrutti non è una misura della piena efficacia del fuoco antiaereo. Una
grande percentuale degli aerei che effettuavano gli attacchi si allontanarono
dal bersaglio, lanciarono le bombe in acqua o più volte sulle proprie truppe e
abbandonarono l'attacco a causa del fuoco devastante.
Ogni volta che il
nemico impiegava 8 o più aerei, perdeva almeno 1 aereo distrutto e in alcuni
casi dal 30 al 45% della sua forza d'incursione. I nazisti furono costretti ad
abbandonare i loro attacchi su larga scala.
In tutti gli
attacchi notturni al porto, l'aeronautica tedesca ha ovviamente notato che non
è stato ricevuto alcun fuoco da unità antiaeree leggere nelle zone anteriori
della testa di ponte. Sapendo che i nostri cannoni pesanti non avrebbero potuto
attaccare aerei a bassa quota in quella zona senza mettere in pericolo le nostre
stesse truppe di terra, i nazisti iniziarono ad approfittare dell'inattività
notturna della contraerea avanzata. I loro aerei cominciarono ad arrivare a
bassa quota nelle aree anteriori dove manovravano cercando bersagli di
opportunità, sui quali scaricavano prontamente bombe AP o HE, o entrambe.
L'artiglieria antiaerea contrastò prontamente queste tattiche organizzando le
unità antiaeree avanzate per consentire il fuoco di sbarramenti controllati in
uno qualsiasi o tutti e tre i settori in cui erano state divise le aree
avanzate.
I timori delle
truppe dell'area avanzata era che tale fuoco sarebbe servito semplicemente a
mostrare la loro posizione agli aviatori nemici e, inoltre, avrebbe potuto distruggere
le posizioni di fuoco concentrato dell'artiglieria.
Questi timori
furono completamente dissipati dalla prima dimostrazione. Il fuoco ammassato
delle centinaia di cannoni allontanarono rapidamente gli aerei nemici
dall'area. Dopo alcuni ulteriori tentativi incerti e alcuni bombardamenti
inefficaci di alcune postazioni di cannoni leggeri, le aree anteriori furono
aggiunte al territorio vietato alla Luftwaffe.
Quando la testa di
ponte fu finalmente rotta, il fuoco antiaereo aveva distrutto 204 aerei e
probabilmente ne aveva colpiti altri133. Anzio aveva subito 291 attacchi per un
totale di 2.500 sortite.
Lo sviluppo del
cannone da 90 millimetri come pezzo di artiglieria da campo durante i mesi
invernali fu brillantemente dimostrato nell'assalto finale dell'esercito alla
linea Gustav. In preparazione all'attacco lanciato l'11 maggio, tutte le
batterie di cannoni pesanti furono spostate in alto in modo da poter sostenere
da vicino la fanteria.
Dall'esperienza
precedente nella campagna, si è scoperto che il cannone da 90 millimetri, con
lo scoppio in aria, per la sua rapidità di fuoco e precisione, era molto letale
contro le concentrazioni di fanteria nemica. Anche dalle esperienze precedenti
abbiamo imparato il valore dell'arma nel ruolo di controbatteria. Sapevamo
anche che i tedeschi temevano quell'arma, e che i prigionieri catturati diversi
mesi prima durante la campagna invernale avevano chiamato l'arma
"Ratsch-bum". I prigionieri hanno detto di aver sentito lo scoppio
della granata prima che potessero cadere o mettersi al riparo. Le normali
trincee non riuscivano a proteggere dagli spruzzi verso il basso di schegge
provenienti da esplosioni in aria e, a causa dell'elevata velocità di fuoco,
molti colpi spesso cadevano prima che si potessero raggiungere i ripari con
copertura aerea. Dissero che questa caratteristica aveva un grande effetto
demoralizzante sulle loro truppe.
Pertanto,
nell'assalto alla linea Gustav, ai cannoni da 90 millimetri furono assegnate
218 missioni e spararono 40.000 colpi di munizioni. Il pesante fuoco dei
cannoni, sferrato rapidamente in forti concentrazioni, neutralizzò
l'artiglieria nemica da campo e antiaerea, colpì le concentrazioni di fanteria
nemica che si stavano formando per attaccare, impedì al nemico l'uso di
importanti incroci stradali e, spruzzando schegge sulle piste su cui trasportava
rifornimenti, aiutò a interrompere alcune delle sue importanti linee di
comunicazione in montagna. Anche le batterie dei Nebelwerfer furono impegnate e
silenziate.
In preparazione
all'offensiva lanciata dalla testa di ponte di Anzio il 23 maggio 1944, tutti i
battaglioni di cannoni sulla testa di ponte furono organizzati per il fuoco di
terra sotto un unico centro di direzione del fuoco. Le batterie furono
registrate su obiettivi terrestri e prima del D-day e dell'H-hour effettuarono
pesanti fuochi preparatori su truppe, postazioni di mitragliatrici, postazioni
di mortai e artiglieria nemica. Poco dopo l'ora H del giorno dell'attacco,
1.000 colpi di munizioni da 90 millimetri furono abbattuti su 17 posizioni
nemiche. Un esempio dei risultati è fornito nel seguente rapporto di
intelligence:
" Poco dopo
mezzogiorno del 23, furono osservati da 300 a 400 soldati tedeschi avvicinarsi
alle nostre linee portando bandiere bianche e sventolando fazzoletti bianchi.
La concentrazione esitava prima di imbattersi in una massicciata ferroviaria
che si trovava tra loro e le nostre linee. Temevano di dover ritornare alle
loro linee, un osservatore avanzato sulla sponda della ferrovia ha chiesto il
fuoco su di loro. I cannoni da 90mm, senza nessun altro fuoco di supporto, si
aprirono. Subito dopo la prima concentrazione di fuoco, 50 nemici
attraversarono di corsa la ferrovia e si riversarono nelle nostre linee in
completo disordine. Gli altri rimasero dov'erano. Fu abbattuto su di loro un
fuoco più pesante.
Furono sparati
duecento colpi e altri 100 tedeschi accorsero nelle nostre linee arrendendosi
selvaggiamente. I resti o non furono in grado di entrare nelle nostre linee o
si ritirarono da dove si trovavano. Man mano che l'attacco procedeva e la
nostra fanteria avanzava, i 90mm continuavano a sostenere da vicino l'avanzata.
Per 5 giorni, durante le fasi critiche della battaglia, quest’azione continuò.
In totale furono sparati 24.650 colpi di munizioni pesanti. "
Il viaggio
attraverso Roma fino a Firenze
Distruggendo la
determinata resistenza nemica a Cisterna, Velletri e Lanuvio, le forze della
testa di ponte si unirono alla forza principale del fronte meridionale e si
diressero verso Roma. La mattina presto del 4 giugno le nostre truppe entrarono
nella periferia della città. Il nemico, demoralizzato e sconfitto, si ritirò
verso nord. Fu una ritirata che alla fine li portò fino al fiume Arno, da dove
i tedeschi ripiegarono sulla decantata Linea Gotica. Questa fu una delle fasi
più massacranti della campagna per le truppe antiaeree. Le unità cambiavano
frequentemente posizione più volte durante un periodo di 24 ore in modo che gli
elementi avanzati avessero una protezione costante contro gli aerei nemici.
L'avanzata fu così rapida che le truppe antiaeree, per stabilire le loro
postazioni di artiglieria più avanzate, furono costrette in diverse occasioni a
sgombrare l'area dai cecchini e dalle truppe di fanteria che coprivano il
nemico in ritirata.
L'attività aerea
nemica, dallo sfondamento di Cisterna in maggio all'occupazione di Firenze in
agosto, passò da scarsa a quasi nulla. Mentre l'Esercito avanzava lungo la
costa, la contraerea, sempre tra gli elementi avanzati, predispose l'immediata
protezione dei porti di Civitavecchia, Piombino e Livorno. Diversi tentativi
incerti da parte della Luftwaffe di colpire i porti di notte furono frustrati
dai cannoni molto prima che gli aerei entrassero nell'area vitale.
Il punteggio
antiaereo
Facendo le somme,
nell'anno successivo allo sbarco a Salerno, l'artiglieria antiaerea della
Quinta Armata abbatté dal cielo 463 aerei. Oltre a questi aerei, che erano
stati visti schiantarsi, probabilmente furono distrutti 303 velivoli. Questi
ultimi furono colpiti e presero fuoco, ma i loro rottami non furono ritrovati.
Il nemico, in quel periodo, progettò sulle truppe e sulle installazioni della
Quinta Armata 635 attacchi per un totale di 4.670 sortite. Ma l’artiglieria
antiaerea sconfisse in modo decisivo lo sforzo nazista e costrinse a un pesante
tributo di aerei distrutti; calcolato in circa l’85% di tutti gli scontri.
Conclusione
La contraerea può
davvero guardare con orgoglio e piacere all'attività svolta nell'anno
successivo allo storico sbarco a Salerno del 9 settembre 1943. In quell'anno si
scontrò e sconfisse in maniera decisiva ogni tentativo dell'Aeronautica tedesca
di interferire efficacemente con le operazioni di terra dell'Aeronautica
Militare.
La Quinta Armata,
con la nostra Aeronautica Militare, operando sempre in stretta sintonia e
collaborazione, ad Anzio hanno incontrato e superato con successo la loro prova
più grande. Con gli aeroporti nemici quasi nelle loro vicinanze e i nostri
molto lontani, divennero praticamente la prima linea di difesa per le truppe
assediate sulla testa di ponte che in seguito giocarono un ruolo così
importante nella presa di Roma e nell'inseguimento del nemico sconfitto fino
all'Arno, molto a nord.
In quei 7 giorni, i
nazisti persero 25 aerei, che furono visti schiantarsi e bruciare, e altri 23,
che furono elencati come probabilmente distrutti. Da quando lo sforzo aereo del
nemico è svanito, alcune truppe antiaeree, altamente addestrate e disciplinate
e abituate a lavorare a stretto contatto con altri rami dell'esercito, hanno
dimostrato il loro talento per altri scopi. Si sono guadagnati l'ammirazione e
l'apprezzamento dell'intero esercito per la loro capacità dimostrata di
svolgere in modo credibile quasi tutti i compiti con un tempo minimo di
preparazione. Le nostre truppe, dopo aver combattuto e vinto la battaglia per
la quale erano state inizialmente addestrate, sono ancora qui come provati
soldati dello Zio Sam e devono ancora ricevere un compito che non sono in grado
di gestire.
Oggi, nella Quinta
Armata, ogni volta che si verifica un'emergenza per la quale sono necessarie
truppe addestrate e disciplinate, si chiama l'antiaerea a prendere il comando.
In verità, noi della Quinta Armata Antiaerea possiamo essere orgogliosi del
nostro contributo allo sforzo bellico durante l'anno di guerra in Italia.